Entro cinque anni saranno acquisite metà di tutte le società pubbliche attive nel settore dei semiconduttori e, probabilmente, i primi tre fornitori vedranno la loro quota di mercato raddoppiare nella prossima dozzina di anni, dal circa il 30% di oggi. L’autore della previsione è Mark Edelstone, Managing Director della Investment Banking Division Silicon Valley di Morgan Stanley, fautore di una visione del mercato largamente diffusa e maggioritaria. Eppure, qualche voce fuori dal coro non manca, basandosi a sua volta su numeri di mercato e una vasta esperienza del settore. Si tratta di quella particolarmente autorevole di Walden C. Rhines, presidente e Ceo di Mentor, che ha condiviso il suo originale punto di vista con la stampa nel corso di una conferenza dal significativo titolo “Semiconductor Consolidation versus Specialization”. L’obiettivo dichiarato? Quello di comprendere le reali trasformazioni strutturali che attraversano il settore. Edelstone, segnala Rhines, basa le proprie previsioni di futuro consolidamento del mondo dei semiconduttori sul crescente valore delle operazioni di fusione e acquisizione degli ultimi anni, passato dai 13 miliardi di dollari del 2010 ai 116 miliardi di dollari del 2016. Tuttavia, suggerisce Rhines, entrando nel dettaglio di quest’ultimo dato, andrebbe sottolineato che è stato generato da soltanto sei operazioni di fusione e acquisizione. Siamo, perciò, di fronte a un processo tutt’altro che generalizzato, ricorda il numero uno di Mentor. Anzi, a ben guardare non ci sono mai stati così tante aziende di semiconduttori come lo scorso anno.
Un nuovo punto di vista
Rhines si spinge perciò oltre nelle sue analisi, arrivando persino a ribaltare le analisi di Edelston: “L’industria dei semiconduttori sta vivendo anzi un processo di de-consolidamento”. Stando ai dati di IC Insights, ad esempio, le cinquanta maggiori società del settore hanno visto diminuire la loro market share complessiva di 15 punti in 10 anni, scendendo dal 98,6% del 2003 all’84% del 2014. Seppure tale tendenza di de-consolidamento è stata invertita nel 2015 e nel 2016, tuttavia la quota di mercato delle 50 aziende più grandi l’anno scorso è risultata ancora di 2,4 punti percentuali più piccola rispetto al 2003. Quindi, si chiede Rhines, da dove nasce l’idea diffusa che l’industria stia vivendo un processo di consolidamento? Posto che l’industria dei semiconduttori sta in realtà vivendo da ben 50 anni un percorso di de-consolidamento, Rhines spiega che l’illusione nasce dal fatto che i processi di fusione e acquisizione hanno visto per protagoniste le prime dieci società del settore, potremmo dire i Top 10.
Top 10 visti da vicino
Del resto, se si considera negli anni la quota di mercato della società di volta in volta più importante, nel 1972 il leader aveva una market share del 13%, nel 1980 leggermente inferiore, mentre negli ultimi anni ha oscillato tra il 14 e il 15%. Se si allarga la prospettiva ai Top 5, anche in questo caso le quote di mercato sono aumentate solamente nel 2015, confermando la crescita nel 2016. Se invece si passa a considerare le Top 10, questi hanno persino evidenziato un andamento piatto nel 2015 e nel 2016.
Comprare non significa crescere
Quindi, quanto sono efficaci le stesse operazioni di acquisizione e fusione per guadagnare market share? A tal riguardo, Rhines ha analizzato i Top 5 del 2016. Innanzitutto, ha ricordato il caso di Intel che, nonostante il suo attivismo negli anni su questo versante ha registrato una quota di mercato costante dal 2011 (15,2%) al 2016 (15,6%). Viceversa Samsung ha guadagnato market share - dal 10,6% del 2014 al 21,1% del 2016 - ma non attraverso le acquisizioni. Lo stesso vale per Tmsc, cresciuta dal 4,5% del 2011 all’8,1% del 2016, anche lei senza acquisizioni. Qualcomm, invece, ha visto aumentare e diminuire la propria quota di mercato per via dell’andamento del settore wireless, anche lei non per le acquisizioni. Insomma, tra i Top 5 del 2016, soltanto Broadcom/Avago è cresciuta attraverso le acquisizioni.
Consolidamento? No, specializzazione
Secondo Rhines, quindi, il vero cambiamento strutturale vissuto dall’industria dei semiconduttori non porta il nome di consolidamento ma, piuttosto, di specializzazione. Persino le trasformazioni normalmente indotte dalle economie di scala - aziende più grandi per una produzione più efficiente - non sembrano granché applicarsi all’industria dei semiconduttori. Ciò dipende innanzitutto dall’impatto crescente della rivoluzione fabless, che nel 1999 pesava meno dell’8% nelle vendite globali di Ic, mentre nel 2016 è arrivata al 30%. Inoltre, mostrano i dati riportati da Rhines, le aziende con i margini operativi maggiori sono attive principalmente nel settore analogico, società redditizie pur non appartenendo a giganti assoluti. Al tempo stesso, hanno visto aumentare i profitti operativi quelle società che hanno utilizzato le acquisizioni o i disinvestimenti per specializzarsi. Rhines ha ricordato il caso di Texas Instruments, specializzatasi nell’analogico e con oggi un margine operativo del 35%, in crescita di circa 10 punti dall’ultimo disinvestimento e dall’acquisizione di National Semiconductor. Lo stesso vale per Nxp, che si è specializzata nell’automotive e nella security (oggi circa il 90% del suo business), vedendo crescere il margine operativo dal 10% del 2010 al 20% circa del 2016. Un ulteriore esempio è Avago, che si concentra su networking e wireless: la società è passata dalla redditività zero del 2006/07 al 30% di oggi. Al tempo stesso, i dati mostrano che le società che hanno effettuato acquisizioni e disinvestimenti non per specializzarsi ma per differenziare il loro business non sono riuscite a migliorare la redditività come le aziende precedenti. È il caso sia di Intel che di Microsemi.
Cosa accadrà domani
Insomma, sottolinea Rhines, a guidare l’attuale ondata di fusioni sono soprattutto il basso costo del denaro, oltre che l’obiettivo di specializzarsi. Per quanto riguarda il primo fattore, secondo Rhines già nel 2017 le operazioni di fusione torneranno ai consueti livelli, quelli precedenti il biennio “sui generis” 2015 - 2016. Quello che invece non cambierà sarà la tensione alla specializzazione. Un esempio su tutti, ricorda Rhines: entro il 2018 Nxp avrà raddoppiato il proprio focus sull’automotive, che in quell’anno salirà fino a più del 40%, contro il 20% del 2014. Quindi, la conclusione di Rhines è che il consolidamento è limitato fondamentalmente alle prime dieci società. Guardando ai primi 50, si tratta addirittura di un processo neppure minimamente riscontrabile. Infine, non si può neppure parlare di economie di scala, semmai di ragioni finanziarie e di specializzazione. Ultima e buona notizia, gli investimenti in ricerca e sviluppo continuano ad aumentare, seppure leggermente.