Perfetto esempio dei vantaggi che vengono dall’aprirsi al territorio senza timori, il racconto di Confindustria e di MESAP dimostra come l'elettronica nell’area del torinese conservi intatto lo spirito di Olivetti, tradotto in innovazione.
Per trasformare un semplice territorio in un distretto e coglierne i relativi vantaggi, diversi fattori devono riuscire a combinarsi nel modo giusto e nei tempi giusti. Quando si parla di elettronica, uno dei migliori esempi in Italia, e probabilmente non solo, arriva dal Piemonte.
Non a caso, la terra di Olivetti. Anche se oggi ha cambiato profondamente natura, quanto raggiunto in passato dal nome storico del settore rimane ben radicato. Aspetto ancora più importante, un capitale tuttora valorizzato al meglio, con un ecosistema dove nessuno rinuncia a garantire il proprio contributo in cambio di un obiettivo condiviso.
Non a caso, si parla di una delle rarissime zone in Italia dove è possibile trovare Organizzazioni locali su una base di riferimento inferiore alla provincia. «Una delle specificità a cui teniamo di più è proprio il legame presente ancora oggi con il modello Olivetti – racconta Patrizia Paglia, presidente di Confindustria Canavese –. Adriano fu uno dei fondatori nel 1945, con un modello impresa di grande coinvolgimento di dipendenti e imprenditori locali, valido ancora oggi».
Un impegno intenzionato a stringere il più possibile i rapporti tra le realtà piemontesi, per non disperdere il patrimonio di competenze costruito ne tempo, ma soprattutto per aiutare l’intero ecosistema a diventare più competitivo e a crescere. Aspetto altrettanto importante, senza per questo dover rinunciare alla propria unicità, spesso il vero valore distintivo delle PMI italiane.
Un modello inizialmente sviluppato intorno al mondo dell’informatica, esteso rapidamente all’intero comparto. «Ancora oggi veniamo indicati spesso come esempio da seguire – riprende Paglia –. Siamo all’interno di una rete forte come Confindustria a livello regionale e nazionale, ma abbiamo mantenuto la nostra unicità. Per nostra fortuna, possiamo contare su un territorio con molte aziende associate, dalle quali ci viene riconosciuto il buon lavoro sia per il supporto sia per la capacità di fare rete».
La vocazione locale alla tecnologia si sta inoltre rivelando un’arma in più in piena fase di digitalizzazione. Il supporto diretto garantito al tessuto locale ha già garantito l’avvio di un ulteriore salto di qualità. Non caso, il Gruppo di riferimento all’ICT in Confindustria Canavese viene considerato uno dei più attivi. Grazie anche alla presenza di sedi di tutte le principali aziende nazionali delle TLC.
Dove la rete funziona
Un aspetto però, spicca più di ogni altro nell’organizzazione del sindacato locale degli imprenditori. Uno di quelli più discussi in ogni angolo d’Italia, spesso però incapace di spingersi oltre le buone intenzioni. «Secondo me è fare rete è fondamentale – afferma Paglia -. Prima di tutto, una spinta a mettersi in discussione e abbracciare concetti nuovi. Per favorire l’apertura, proponiamo regolarmente incontri e approfondimenti anche su temi come economia circolare e sostenibilità. In generale, tutto quanto possa tornare utile per accompagnare le nostre aziende verso un nuovo livello».
Aspetto non scontato, il discorso funziona. Sicuramente, aiutato da un distretto raccolto e al tempo stesso completo come il Canavese, conoscere e collaborare con i vicini di casa diventa più facile. Molto più importante però, vedere abbattuto il muro spesso insuperabile di diffidenza e timore nel dover in qualche modo condividere parte del proprio sapere.
Gli esempi non mancano e, nel pieno rispetto della filosofia, risultati e benefici sono visibili a tutti. «Canavese Inside è una rete di dieci aziende interessate a dar vita a una nuova realtà basata sulle complementarietà delle rispettive competenze. Un ottimo esempio di come lavorare bene tutti insieme, e dal quale sono già scaturiti prodotti nuovi».
ICONA è invece la coalizione formata da diciotto imprese che hanno scelto di acquistare un edificio simbolico della storia Olivetti, la Fabbrica di Mattoni Rossi, per avviare un progetto di riqualificazione con l’obiettivo di riportarlo motore di sviluppo e riferimento per le imprese.
Ottimo esempio di fusione tra obiettivi imprenditoriali e valori storici, Mattoni Rossi vuole tornare a essere riferimento internazionale nel campo dell’innovazione e della responsabilità sociale. Il progetto, non a caso acronimo di Ingegner Camillo Olivetti Nuovo Ampliamento, non si limita all’acquisto dell’ immobile, ma intende avviare un progetto in linea con lo spirito del luogo e del tempo, trovare una nuova funzione a spazi storici rispettandone l’anima.
Se informatica, elettronica, TLC sono punti di riferimento importanti per queste strategie, gli altri settori non stanno a guardare. La stessa Presidente, CEO di Iltar Italbox, ha seguito l’esempio nel mondo dell’automotive, recuperando nel ricco vivaio delle 33mila aziende locali, per buona parte PMI, le competenze utili a sviluppare nuovi progetti.
I risultati non si sono fatti attendere. «L’occupazione va bene, indice di come siamo effettivamente sulla strada giusta. Se tra gli Anni ’80 e ’90 con la fine della grande impresa i segni sono stati pesanti, oggi invece assistiamo a un rifiorire di aziende».
Per consolidare la tendenza rimane da inserire un altro elemento cruciale, anche lui spesso fonte di problemi per le aziende italiane. «Grazie a un accordo con il Politecnico di Torino riusciamo a garantire la formazione di alto livello, con manager e dirigenti in grado di rispondere alle esigenze delle aziende e assecondare la crescita digitale».
Questo non significa però rinunciare a muoversi anche in prima persona. Confindustria Canavese ha infatti acquisito la maggioranza di CIAC, il Consorzio InterAziendale Canavesano per la formazione professionale, con programmi mirati espressamente a preparare le figure richieste dalle aziende locali.
Più ancora delle singole iniziative, a colpire del fermento presente nel canavese è la rispettiva varietà e il modo con il quale si integrano tra loro, formando uno scenario in grado di produrre effettivamente un’accelerazione alle imprese locali. Un pregio riconosciuto anche oltre confine. «Di recente Assolombarda ha realizzato un volume sulla valorizzazione del capitale umano. Sono venuti a presentare la pubblicazione anche a Ivrea; credo sia un importante riconoscimento per il nostro territorio, al quale viene attribuito una sorta di DNA».
Facile quindi intuire come il quadro risultante dall’insieme sia improntato all’ottimismo. Ragione in più, per prenderlo a modello nazione al quale ispirarsi. «Pur senza ignorare le tante problematiche comunque sempre presenti – conclude Patrizia Paglia –, in tutte le novità del mondo industriale vediamo tante opportunità. La manifattura non è finita. Al contrario, è avviata verso una nuova stagione, dove un nuovo modo di lavorare ci potrà portare grandi soddisfazioni, non solo in Italia».
L’innovazione del MESAP per il settore dell'elettronica
Sono quindi tante le organizzazioni locali espressione dell’attenzione ai singoli settori produttivi, e alla tutela di un patrimonio di competenze da non sprecare. Iniziative capaci di offrire sostegno in misura più mirata. Tra queste, quando si parla di elettronica, una merita attenzione particolare. «Rappresentiamo un Polo per l’innovazione della Regione Piemonte – spiega Paolo Dondo responsabile tecnico di MESAP -. Un progetto partito nel 2008 con un bando locale per definire una serie di soggetti e unire organismi di ricerca e imprese, soprattutto a sostegno del mondo PMI».
Una delle diverse iniziative pensate per non polverizzare il grande patrimonio di competenze acquisito nella seconda parte degli Anni ’90, ancora presente sotto forma di tantissime realtà più piccole, per forza di cose con meno mezzi rispetto a una grande azienda internazionale.
MESAP si dedica alla realizzazione di prodotti, alla messa a punto di processi intelligenti e dei rispettivi fabbricatori. L’idea centrale è ancora una volta la connessione come strumento importante per accrescere la competitività del territorio piemontese. Da qui, l’impegno per promuovere e sostenere progetti e collaborazioni tra aziende, università e centri di ricerca per rafforzare le filiere tecnologiche e industriali.
«Al bando avevano risposto dodici soggetti – ricorda Dondo –. Noi in particolare ci siamo concentrati subito su meccatronica e sistemi avanzati di produzione. Partiti con 64 associati, tra cui Politecnico di Torino e CNR, negli anni siamo arrivati a quota 270. Tra questi, dieci organismi di ricerca, e 260 aziende, 35 delle quali possono essere classificate come grandi imprese».
Non è servito attendere molto prima di capire la validità dell’iniziativa. «Da subito abbiamo puntato a migliorare la competitività delle aziende attraverso l’innovazione, di prodotti e di processi – riprende Dondo -. Negli anni si è susseguita una serie di bandi, accompagnata da un allargamento progressivo delle tematiche. Tra le più recenti, smart production e smart manufacturing».
L’organizzazione non ha perso tempo nel mettersi al lavoro e a rivelarsi efficace. Al punto richiamare l’attenzione dalla Val d’Aosta e allargare il proprio raggio d’azione. In assenza di un Polo di innovazione interno, la regione vicina ha concluso un accordo sostenendo le attività locali nell’aderire a MESAP. A queste si aggiunge la presenza della lombarda Brembo, presente con diversi progetti in collaborazione con realtà piemontesi.
Attualmente, tra i compiti del MESAP, rientra prima di tutto il supporto in fase di ricerca e partecipazione ai bandi. Inoltre, l’assistenza e il coinvolgimento sulle attività di ricerca, compreso l’appoggio per favorire sviluppi congiunti. In sostanza, aiutare a incontrarsi chi è impegnato a lavorare sull’innovazione. Comprendendo anche tutta la parte di marketing, dalla partecipazione a eventi fino all’organizzazione di quelli sul territorio.
«Ci consideriamo un Polo orizzontale, portatore di tecnologia in diversi settori – precisa il responsabile tecnico –. Mentre altri in genere sono più verticali, noi all’interno contiamo aziende attive in quindici settori. Per il 60% impegnati nell’automotive, ma anche fabbricanti di macchinari e attrezzature per impianti. Poi, attività eurospaziali e a seguire costruzioni, ferrovie, nautica, stampa nanotecnologie ed energia».
Una di quelle varietà capaci di stimolare la crescita dell’intero sistema grazie alla possibilità di allargare la visuale. Non a caso, in media i soci MESAP sono attivi in tre settori merceologici, una strategia rivelatasi importante anche per superare indenni i momenti altalenanti del mercato.
In particolare, l’efficacia dell’iniziativa si manifesta nel campo della ricerca. Dove raramente una piccola azienda è in grado di investire, la collaborazione permette di distribuire meglio le risorse e sfruttare a dovere le competenze. Dalle semplici partnership si è presto arrivati alla vera e propria assegnazione da parte delle imprese di progetti di ricerca a Università e Politecnico locali.
I risultati, non si sono fatti attendere. Solo a cavallo tra fine 2019 e inizio 2020 sono 24 i progetti conclusi, dallo sviluppo di software per gestione di grandi impianti a lavori sulla sicurezza IT. Tra i prodotti, lo sviluppo di sistemi per la visione artificiale basati su intelligenza artificiale e reti neurali. Da questi ultimi in particolare, stanno arrivando i risultati più stimolanti anche in prospettiva futura.
«Un altro filone importante è l’eurospaziale, con scambiatori di calore ad alto rendimento. Si tratta di oggetti molto compatti, dal funzionamento semplice e dal rendimento elevato. Importanti per scambiare calore tra due ambienti con un ingombro limitato».
Completano il quadro, mezzi di lavoro autonomi in grado di operare anche in spazi aperti, e naturalmente progetti per l’evoluzione delle automobili. Oltre all’attenzione per la trazione elettrica, anche sistemi per sospensioni auto adattive, destinate ad affrontare terreni impegnativi.
L’impegno profuso da MESAP non è quindi andato sprecato, così come le risorse affidategli nel corso degli anni. In particolare, significativo il riconoscimento ottenuto a livello nazionale, con la collaborazione richiesta in fase di definizione del piano Industria 4.0. Inoltre, sulla scia nel 2017 è nato anche Digital Innovation Hub Piemonte, più mirato al supporto delle aziende nella trasformazione digitale.
Competence Industry Manufacturing 4.0
Mentre sul fronte gestionale, c’è da completare un importante passaggio con il termine dei contributi regionali diretti, sul fronte operativo invece, non accenna a rallentare l’impegno nel stimolare l’attività di squadra. Inoltre, con l’apertura del CIM 4.0 (Competence Industry Manufactoring 4.0) è possibile contare anche sull’appoggio di un centro dedicato a Industria 4.0 per quanto riguarda tecnologie digitali al servizio mirato della manifattura aerospaziale e automotive. Iniziativa frutto della collaborazione tra Ministero per l’Innovazione e la Tecnologia e le aziende locali. Nel corso dell’anno, l’obiettivo è avviare un centro di attività nei pressi di FCA.