L’harvesting nel futuro dell’automotive

harvesting

L’automobile si avvia ad essere elettrica, e soprattutto con l’avvento del 7G sarà Software defined; quindi, dipenderà soprattutto dalla batteria e dalla sua ricarica. L'harvesting potrà essere una soluzione

Volvo, il noto marchio automobilistico svedese, aveva previsto di vendere solo auto elettriche entro il 2030, ma l’istallazione delle colonnine di carica degli autoveicoli elettrici va a rilento ed è ritornata alla produzione di modelli ibridi, tanto più che è posseduta in parte da un’azienda cinese che produce auto elettriche a cui la UE ha minacciato i dazi. I potenziali acquirenti temono che l’auto completamente elettrica possa rimanere per strada senza possibilità di ricarica. Per questo motivo si rivolgono all’auto ibrida.

Ma il problema non è ancora risolto. Lo scoglio più importante, che decreterà il prossimo futuro delle scelte in tema di automotive, è quello della durata e della ricarica delle batterie, a cui si sta provvedendo con una serie di più o meno nuove soluzioni. L’harvesting e l’induzione sono fra queste.

Induzione e harvesting

L’induzione è indubbiamente un metodo molto efficace, ma estremamente costoso e complesso da realizzare. L’harvesting è invece meno complesso ed economico, soprattutto se riguarda un veicolo elettrico. Ci sono varie fonti di energia che viene dissipata in un autoveicolo: energia meccanica (vibrazioni), energia acustica, energia elettromagnetica, energia termica. Tutte queste fonti di energia non vengono ora debitamente utilizzate, ma potenzialmente possono essere trasformate in energia elettrica con opportuni trasduttori per ricaricare la batteria o alimentare dei sensori. Di ciò si occupavano una volta i centri di ricerca di importanti case automobilistiche come il prestigioso centro di ricerche FIAT, ormai chiuso, che ha collaborato con Motorola per l’alimentazione di un sensore di pressione degli pneumatici che sfruttava le vibrazioni dello pneumatico stesso. BMW, noto marchio automobilistico tedesco, ha brevettato un dispositivo di harvesting che trasforma le vibrazioni della sospensione in energia elettrica per ricaricare la batteria. Quando la molla della sospensione si comprime accumula energia che trasferisce a un trasduttore piezoelettrico. Questo genera tanta corrente elettrica quanta energia ha accumulato la molla e la trasferisce al battery pack che alimenta il motore. Quando la molla si rilassa si inverte il ciclo e il battery pack continua a caricarsi. Come recita una pubblicità, senza ricerca non c’è futuro.

 

Trasformare l’energia meccanica in energia elettrica

Dato per scontato che la maggiore fonte di energia di un’automobile è quella meccanica del contatto delle ruote con la carreggiata, per ottenere la trasformazione di questa energia in elettrica serve prima di tutto di trasformarla in corrente continua, essendo alternata alla sorgente. Serve quindi un AC-DC converter e un sistema di stoccaggio come una batteria. Per trasformare le variazioni di pressione in variazioni di tensione (volt) viene utilizzato il metodo di trasduzione piezoelettrico. Un trasduttore piezoelettrico viene opportunamente collocato ove si originano le variazioni di oscillazione dovute alla irregolarità della carreggiata. Ma, per alimentare un motore elettrico o ricaricare una batteria servono i volt, non i mVolt dei sistemi wearable. Analog Devices sta studiando questa modalità per il wearable e, da quando ha acquisito il know-how di Linear Tecnologies (LT), ha studiato un metodo per integrare l’elettronica di harvesting nella sua elettronica indossabile.

L’harvesting a bassa tensione può essere utilizzato nell’automobile per alimentare gli innumerevoli sensori che popolano l’autoveicolo, come quelli associati all’antifurto. In questo caso si preserverebbe la carica della batteria della messa in moto.

L’auto completamente elettrica non viene ritenuta sicura per quanto riguarda l’autonomia e quindi i consumatori preferiscono la tecnologia ibrida anche se non a emissioni zero. L’harvesting è attualmente la soluzione migliore per l’auto full electric per garantire l’autonomia, come strategicamente ha deciso BMW. L’harvesting in automotive, cioè la possibilità di caricare la batteria mentre l’automobile procede, non è una novità per l’automobile tradizionale. Stiamo parlando, naturalmente, non tanto di quella elettrica, ma di quella a combustione interna, a benzina o gasolio. Nell’auto endotermica, infatti, la batteria è essenziale per il funzionamento del veicolo; per questo motivo vi è un dispositivo che, sfruttando la potenza del motore, ricarica la batteria.

A differenza dell’harvesting dell’automobile elettrica, il metodo dell’automobile tradizionale sottrae tuttavia potenza al motore e quindi non è ad emissioni zero. L’harvesting, nell’automobile elettrica, non sfrutta invece la potenza elettrica del motore, ma sfrutta una potenza che, se non convertita in elettrico, verrebbe comunque dispersa.

L’harvesting è dunque una delle tecnologie più promettenti e che renderà l’automobile elettrica completamente autonoma riuscendo a svincolarla sempre più dalle pastoie imposte dalla ricarica.

 

Cos’è l’harvesting?

Harvesting è una parola anglosassone che in generale vuol significare “raccolta”, ma che nello specifico significa raccogliere energia, che altrimenti verrebbe dissipata nell’ambiente trasformarla in energia elettrica per ricaricare una batteria o far funzionare un dispositivo elettrico. Oltre all’automotive, ci sono altre applicazioni che fruiscono dell’harvesting: per esempio i dispositivi e-health wearable quasi tutti alimentati a batteria ricaricabile, oppure in natura come i dispositivi di controllo/sfruttamento delle correnti marine o del moto ondoso.

L’harvesting riguarda tutte le fonti energetiche, solari, eolico, idroelettrico, che andrebbero disperse nell’ambiente se non trasformate in energia elettrica rinnovabile. Dato per scontato ciò, ci sono due categorie di harvesting: quella a bassa tensione per il wearable (pochi mv) che carica un supercondensatore e alimenta un microcontrollore e le sue periferiche, e l’harvesting ad alta tensione (molti Volt) che carica una batteria e alimenta un motore elettrico. L’automotive ha bisogno dell’harvesting ad alta tensione in quanto è finalizzata alla ricarica della batteria.

 

Greenwashing

Greenwashing è un neologismo inglese, che indica una pratica scorretta dei produttori di beni, i quali vogliono far credere ai consumatori che viene tutelato l’ambiente. Questo è il caso delle cosiddette automobili ibride che usano la combustione a benzina per ricaricare la batteria. Sono più efficienti, ma non sono come i veri veicoli elettrici che non producono CO2 se le batterie sono ricaricate da fonti rinnovabili. In pratica, le automobili ibride rappresentano di fatto un un’attività di greenwashing da parte dei produttori di automobili in quanto la CO2 rispettiva aumenta anziché diminuire.

 

Ammoniaca verde, nuova vita al motore endotermico

I motori endotermici, per intenderci i motori a benzina o a gasolio, sono stati banditi dalla UE entro il 2030, ma potrebbe riesumarsi grazie all’ammoniaca verde.

L’idrogeno sarebbe il combustibile ideale se non fosse difficile da trasportare perché altamente infiammabile e volatile. L’ammoniaca verde ottenibile da idrogeno e aria può essere invece utilizzata come combustibile per il motore dell’automobile in quanto più sicuro dell’idrogeno e da questo può essere derivato. L’ammoniaca, durante la combustione, non produce CO2. Inoltre, l’ammoniaca verde può essere bruciata al posto dell’idrogeno in una cella a combustibile per produrre energia elettrica. Un’azienda statunitense sta progettando e sperimentando un motore alimentato ad ammoniaca che presto sarà disponibile sul mercato dell’automotive. L’ammoniaca verde si ottiene utilizzando energia rinnovabile, per cui si apre un ventaglio di possibilità: l’energia elettrica in eccesso può essere utilizzata per produrre ammoniaca verde; l’idrogeno viene convertito in ammoniaca verde per essere trasportata in sicurezza; l’ammoniaca verde può essere bruciata senza produrre CO2.

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