I motori diesel sono ormai tutti a gestione elettronica con iniettori elettroattuati, ad azionamento elettromagnetico o piezoelettrico, alimentati da un raffinato sistema di regolazione della pressione.
Fino a una trentina di anni fa, per iniezione elettronica si intendeva quella dei motori a benzina: celebre fu l’innovazione introdotta da Bosch con il sistema L-jetronic; poi dalla metà degli anni ‘90 del secolo scorso anche il motore a gasolio ha visto l’avvicendamento tra l’iniezione meccanica e quella elettronica, prevalentemente la common-rail sviluppata da Magneti Marelli (l’iniettore pompa del gruppo Bosch è stato una breve parentesi).
Da allora l’elettronica ha pervaso il motore, che, se si trascurano i primi EDC con controllo elettronico ma iniezione comandata dalla pompa d’iniezione, ancora ne era rimasto fuori. La gestione elettronica, se da un lato ha consentito di elevare il rapporto potenza/cilindrata e di adeguarsi alle sempre più stringenti normative antinquinamento, dall’altra ha reso il diesel e alcune sue parti più complesse e delicate; una di queste è l’elettroiniettore, ormai adottato da tutti i costruttori di motori.
L’elettroiniettore
Mentre nel diesel tradizionale e nell’EDC (Electronic Diesel Control) l’iniettore polverizza il gasolio quando riceve la mandata dalla pompa d’iniezione, nel common-rail tutti gli iniettori ricevono combustibile in pressione ma l’instante di iniezione viene deciso dalla ECU motore inviando uno o più impulsi per ciclo di combustione all’attuatore del singolo iniettore. L’elettroiniettore è formato da uno spillo otturatore azionato da una valvola a differenza di pressione, il cui comando meccanico è fornito da un attuatore che la ECU alimenta a impulsi amplificati da uno stadio a transistor di potenza (BJT o MOSFET) ogni volta che deve avvenire un’iniezione.
Le recenti normative antinquinamento hanno elevato il livello dei requisiti che tali elettrovalvole devono avere in fatto di tempo di risposta all’impulso di comando, perché dall’EURO IV in poi sono richieste più iniezioni per ogni ciclo di combustione: mediamente una o più pre-iniezioni, un’iniezione principale e una o più post-iniezioni; considerato che il regime di giri di un motore diesel leggero a quattro tempi arriva a 4.500 giri, ciascuna deve durare poche decine di microsecondi.
Esistono due tecnologie per gli iniettori elettroattuati; quella a solenoide e la piezoelettrica. Nel primo caso, la valvola che lascia defluire il combustibile dalla camera superiore e permette l’iniezione è comandata da un solenoide che, percorso da corrente elettrica, genera un campo elettromagnetico in grado di sollevare un tappo di metallo che scopre la luce di recupero; l’alimentazione è ad impulsi dell’ordine di 12÷14V con correnti impulsive di decine di ampere.
Nel secondo caso, la valvola di uscita del gasolio viene gestita da un dispositivo che sfrutta l’effetto piezoelettrico inverso.
L’iniettore a comando piezoelettrico consuma meno elettricità del magnetico ed è anche cinque volte più veloce di una valvola elettromagnetica (affetta dall’inerzia caratteristiche degli induttori ed espressa dalla Legge di Lenz) tanto che ha reso possibile realizzare common-rail con oltre sette iniezioni per ciclo di combustione. Ma di recente sono stati realizzati anche iniettori a solenoide veloci abbastanza da soddisfare le norme EURO6, come ad esempio quelli prodotti dalla Denso e i Bosch serie CRI2 a risposta rapida, tanto da poter effettuare 10 iniezioni individuali per ciclo di combustione.
Il “ritorno” all’elettromagnetico nasce dall’esigenza di superare i problemi emersi con l’adozione degli attuatori piezoelettrici, tra cui la delicatezza (possibilità di cortocircuito nello stack) e l’effetto memoria che consiste nella tendenza dello stack ad abituarsi a una certa estensione, dovuta all’utilizzo prevalente del motore in condizioni di marcia uniformi, perdendo la capacità di estendersi pienamente quando necessario occasionalmente.
Tecnologia Piezo
L’attuatore dell’iniettore piezoelettrico è formato da centinaia di piastre piezo impilate a formare uno stack, alimentate in serie-parallelo; la struttura siffatta serve perché un solo elemento non si dilaterebbe abbastanza da spostare la valvola dell’iniettore. La struttura dello stack piezo è proposta nella Figura 1, mentre il complesso dell’iniettore con in evidenza la collocazione dell’elettroattuatore è visibile in Figura 2.
Un tipico attuatore piezo per iniettore del sistema Siemens VDO Piezo Common Rail (PCR) è costituito da uno stack di 200 lamine di ceramica piezoelettrica, spesse ognuna circa 80 μm. Sottoposto alla tensione di controllo, l’attuatore si espande fino a 40÷50 μm.
Il comando degli iniettori piezoelettrici avviene in tre fasi:
- per aprire l’iniettore si applica un impulso di tensione dell’ordine dei 70 V (che arrivano a 140 sommando la scarica, con correnti impulsive di alcuni ampere);
- si toglie tensione; l’iniettore rimane aperto perché l’elettroattuatore ha natura capacitiva e quindi rimane carico, ovvero esteso;
- per chiudere l’iniettore si forza la scarica dello stack, causando un impulso di corrente inversa.
Con riferimento alla Figura 3, in apertura e chiusura conduce T3, mentre in apertura il solo T1; in mantenimento i tre transistor sono interdetti e in chiusura conducono T3 e T2 (quest’ultimo scarica la capacità parassita dell’attuatore piezoelettrico, determinando un impulso negativo).
Il tipico tempo di “carica” dell’attuatore piezo è di 0,15 ms e l’intervallo di iniezione durante il quale la valvola è aperta è compreso tra 0,15 ms e 4,50 ms. Dopo l’iniezione, la valvola viene richiusa tramite la scarica della capacità dell’attuatore piezoelettrico entro 0,15 ms. La temporizzazione e la forma dei segnali sono proposti nel grafico in Figura 4, che visualizza anche il corrispondente movimento dello spillo a seguito dell’estensione dello stack piezoelettrico: si nota come la corrente scorra in un verso durante l’attivazione dello stack (carica) e nel verso opposto quando lo stack viene cortocircuitato (scarica) e come gli impulsi di tensione abbiano andamento tipico di una rete RC.
Per capire come è strutturata la sezione di comando degli elettroiniettori da parte di una ECU si può analizzare l’esempio Siemens - VDO (ECU della serie SID9xx) per common-rail piezo proposto nella Figura 5, nella quale è schematizzato il circuito equivalente degli iniettori e il blocco DC/ DC converter step-up che ricava l’alta tensione per gli impulsi di attivazione; i MOSFET provvedono alla carica (Charge, impulso di attivazione) e allo spegnimento (Discharge, cortocircuito) dello stack.
Nello schema proposto, l’elettrodo negativo di ciascun attuatore piezoelettrico viene commutato da un MOSFET (nella Figura 5 è rappresentato da un interruttore) che viene portato in stato di ON, quando l’iniettore deve essere caricato e scaricato ad opera dei due MOSFET operanti sulla linea positiva, mentre viene interdetto durante l’iniezione, perché lo stack piezo rimanere carico, perciò disteso, anche se non alimentato. Questo, naturalmente, fino alla scarica naturale ad opera della resistenza in parallelo ad esso (punto 4 dello schema) o forzata da parte del MOSFET Discharge.
Iniettori elettromagnetici nei motori Common-rail
L’attivazione dell’iniettore a solenoide (la composizione del quale è proposta nella Figura 6) richiede un circuito simile a quello descritto nella Figura 4 e nella Figura 5, anche più semplice perché per ciascun’uscita di comando serve un transistor per alimentare la bobina e un diodo in antiparallelo che spenga la sovratensione inversa che si genererà all’interdizione; un transistor in parallelo può cortocircuitare la bobina per assorbire immediatamente l’energia che essa possiede a seguito dell’attivazione e accelerare la chiusura dell’iniettore.
Ciò che cambia è che il solenoide va tenuto alimentato per tutta la durata dell’iniezione; quindi, l’impulso di comando deve permanere per la durata di ogni singola apertura dell’iniettore, giacché non è come nel piezo, che è capacitivo.
Nei motori common-rail, agli iniettori giungono due, tre o quattro fili; in quelli a 3 e 4 fili, due alimentano l’elettroattuatore (piezoelettrico o a solenoide) e due sono i capi del sensore induttivo che informa la ECU della posizione dello spillo, così da avere un’informazione sull’istante esatto in cui avviene l’iniezione e utilizzarla per calibrare gli iniettori sulla base della densità e temperatura del combustibile, del gioco che affligge lo spillo per l’usura ecc. Il sensore fornisce un segnale impulsivo.
Negli impianti common-rail con iniettori privi di feedback l’apertura può essere desunta dal calo istantaneo della pressione nel rail dovuto all’iniezione, correlando il segnale del sensore di pressione sul rail (FRS) con quello di comando dell’iniezione.
Dall’EURO IV in poi gli iniettori vengono codificati nella ECU, inserendo i codici desunti dalle prove eseguite al banco dopo l’assemblaggio e stampati sull’elettroattuatore; i codici (ad esempio gli IMA) forniscono un’informazione sulla tolleranza nella risposta dell’iniettore rispetto al valore teorico di riferimento. La codifica serve a temporizzare l’impulso di comando sulla base dell’effettiva risposta dell’iniettore, secondo le sue caratteristiche e indica alla ECU il ritardo temporale con cui lo spillo si apre rispetto al comando impartito.
Regolazione pressione del combustibile nel Common-rail
Nel common-rail, il gasolio deve essere mantenuto a pressione stabile a prescindere dalla portata della pompa e dalla mandata richiesta agli iniettori; questo compito viene espletato dalla ECU motore avvalendosi del segnale fornito dal sensore di pressione del rail, operando allo scopo su due elettrovalvole.
Questo duplice meccanismo di regolazione si può comprendere considerando cosa avviene nell’impianto di iniezione quando il motore è in funzione: se ad esempio la pressione in ingresso agli iniettori dev’essere di 1600 bar, la ECU fa in modo che la pompa d’alta pressione invii gasolio nel rail fin quando il relativo sensore di pressione rileva tale valore; se il motore deve aumentare la potenza sviluppata, diventa necessario incrementare la portata del combustibile, perché altrimenti aumentando la durata di apertura degli iniettori, la pressione nel rail cala a causa dell’aumentata massa di gasolio richiesta. Per riportare la pressione ai 1.600 bar richiesti, la ECU deve forzare la pompa HP a incrementare la portata di combustibile, cosicché si possa mantenere la pressione richiesta ai volumi di gasolio che il motore necessita.
Ecco perché nel meccanismo di regolazione della pressione del common-rail entrano in gioco due attuatori, ossia l’elettrovalvola che regola la portata e quella che stabilisce la pressione nel rail.
La valvola regolatrice della portata è chiamata MPROP valve (Magnetic PROPortioning) o anche VCV (Volume Control Valve) e la sua bobina eccitatrice ha impedenza dell’ordine della decina di Ohm; la MPROP controlla il flusso del gasolio dalla pompa di adescamento verso i pistoni della pompa ad alta pressione e funziona quindi da regolatrice del volume di combustibile, ossia della portata della pompa.
La portata di gasolio viene regolata grazie ad un segnale PWM che alimenta il solenoide; il duty-cycle di questo segnale può variare tra l’1 ed il 95% e viene gestito dalla ECU in base alla pressione rilevata dal sensore di pressione (che normalmente è piezoelettrico) collocato nel rail.
Nella Figura 7 è proposto l’andamento della portata di una pompa HP in funzione del duty-cycle del segnale PWM che alimenta l’elettrovalvola.
La seconda elettrovalvola è invece deputata alla regolazione ed al mantenimento della pressione nel rail e funziona aprendo più o meno la luce di ritorno del gasolio al serbatoio o al filtro; tale valvola viene chiamata PCV (Pressure Control Valve) o anche IMV (Inlet Metering Valve) e può essere anche montata direttamente sul rail.
Anche questa valvola viene pilotata in PWM (la Figura 8 ne propone il comportamento in funzione del duty-cycle) ed il suo solenoide ha una resistenza elettrica dell’ordine dei 2,5÷3,5 ohm.