Progettare un convertitore Dc/Dc dalle dimensioni contenute che soddisfi le necessità di oggi e che sia in grado di misurarsi con le sfide future non è impresa da poco. Il primo problema da risolvere consiste nella scelta di una topologia che rientri nei limiti imposti dagli attuali criteri di miniaturizzazione e, allo stesso tempo, che sia in grado di fornire adeguati livelli di potenza d'uscita, isolamento e regolazione. L'approccio scelto, oltre a ricoprire una gamma abbastanza estesa dei più comuni valori di tensione d'ingresso e di uscita, dovrebbe anche costituire una piattaforma espandibile, che consenta l'utilizzo di una medesima base per produrre più livelli di potenza. La necessità di una barriera isolante che sostenga tipicamente 1 kVdc implica un accoppiamento a trasformatore che richiede un pilotaggio in Ac sul primario e una rettificazione sul secondario: una implementazione di questo tipo impone inevitabilmente dei compromessi tra numero di componenti ed efficienza di conversione. La soluzione a minor numero di componenti più comunemente adottata si avvale di un circuito in saturazione di Royer, una topologia autoscillante in push-pull in cui una coppia di transistor bipolari pilotano in opposizione di fase gli avvolgimenti primari del trasformatore, derivando le proprie correnti di base dai terminali opposti di un avvolgimento ausiliario a presa centrale. Applicando una tensione d'ingresso in Dc attraverso un circuito di start-up uno dei due transistor va in conduzione e vi resta fino alla saturazione del nucleo del trasformatore, e al conseguente crollo di guadagno del transistor e di tutte le tensioni degli avvolgimenti. L'energia residua all'interno del trasformatore provoca poi l'inversione della polarità dell'avvolgimento, che spegne il primo transistor e polarizza il secondo verso la conduzione, portandone così l'avvolgimento associato in saturazione. Il processo si ripete per sostenere l'oscillazione a una frequenza proporzionale alla tensione d'ingresso, creando in uscita una tensione ad onda quadra che sarà poi raddrizzata. Il circuito di base presenta molte limitazioni: prima tra tutte la mancanza di regolazione attiva (la tensione d'uscita è funzione di quella in ingresso, delle perdite interne e del rapporto spire del trasformatore), oltre a una scarsa efficienza dovuta alle perdite durante la commutazione del transistor e nel nucleo alle alte frequenze imposte dai trasformatori miniaturizzati. Variazioni sul tema molto note riguardano modifiche del circuito per evitare la saturazione del nucleo e le perdite che ne derivano attraverso un secondo trasformatore di pilotaggio che innalza il livello di efficienza a scapito però di dimensioni e complessità.
Migliorano le caratteristiche elettriche
Combinando le innovazioni apportate al circuito con le tecnologie di fabbricazione più recenti, è stato possibile migliorare la regolazione rispetto alle variazioni di carico di un simile convertitore. Ad esempio, i progettisti di Murata Power Solutions sono riusciti a incrementare le prestazioni di load regulation del loro MTU1 entro un intervallo massimo che va dal -4 al +5,5%, dal 10% al pieno carico. Per un confronto, il grado di regolazione raggiunto dalle soluzioni precedenti era appena compreso tra -7,5 e +10%. Per molte applicazioni, un tale miglioramento in termini di regolazione elimina la necessità di inefficienti e ingombranti stadi lineari di postregolazione. Allo stesso tempo, un ulteriore miglioramento alla struttura magnetica toroidale del dispositivo è stato determinante nell'innalzare l'efficienza a un valore compreso tra l'83 e l'88%, come pure la frequenza di commutazione, ridotta dagli originali 110 kHz agli 82 kHz per MTU1 con ingresso a 5 V e ai 90 kHz della variante a 12 V. Questi interventi, riducendo le perdite dinamiche, contribuiscono ad innalzare l'efficienza che, supera l'80% a circa il 40% della potenza d'uscita, e resta virtualmente piatta oltre il 50%. Gli incrementi di efficienza descritti si traducono in una riduzione di circa il 56% della potenza dissipata internamente che, riducendo i punti caldi, migliora l'affidabilità del dispositivo, riducendo al contempo la quantità di calore che il circuito ospite deve smaltire. Tutti i modelli della serie MTU1 non sono soggetti a derating tra -40 e +85°C di temperatura operativa. Altre specifiche elettriche ulteriormente ottimizzate comprendono la corrente di ripple riflessa, ridotta da circa 30 mA picco-picco a 5 - 6 mA e la capacità ingresso-uscita abbassata di due o tre volte, rendendo così più facile il filtraggio. Una ridotta capacità, oltre a rinforzare l'isolamento tra ingresso e uscita, rende infatti il dispositivo meno suscettibile al passaggio di rumore attraverso la barriera isolante, che potrebbe arrecare disturbo a carichi particolarmente sensibili.
Dimensioni ridotte e immunità all'umidità
L'evoluzione più appariscente della serie MTU1 è quella relativa alle dimensioni: l'ingombro delle piazzole passa da 12.70 x 11.70 mm a solamente 9.10 x 6.08 mm. Per il nuovo dispositivo ciò rappresenta una superficie occupata dai pin di appena 0,69cm2 e una densità di potenza effettiva di 1,71 W/cm3. Il contenitore RoHS conforme della MTU1 nasconde sotto il materiale a norma UL 94V-0 del package una costruzione open-frame. È importante segnalare anche che, a differenza di molti package plastici utilizzati da componenti standard industriali, quello dell'MTU1 si caratterizza per un rating di livello 1 per sensibilità all'umidità (MSL1). L'assorbimento e la ritenzione della umidità sono un argomento di cruciale rilevanza per molti dispositivi a montaggio superficiale, per l'importante stress che si può manifestare quando la temperatura sale rapidamente di molti gradi, soprattutto durante il processo di rifusione lead-free, che può raggiungere picchi di temperatura di 245°C. La conseguente emanazione di gas può facilmente danneggiare in modo irreparabile il componente: fenomeno ben noto come “popcorn cracking”. Per questo motivo i produttori classificano la sensibilità che i propri prodotti presentano nei confronti della umidità su una scala IPC/JEDEC J-STD-20 da 1 a 6, dove la caratteristica MSL1 significa che il dispositivo considerato è immune dal fenomeno di "popcorn cracking" per umidità. Il package della serie MTU1 non prevede infatti le procedure a cui sono soggetti i prodotti di livello inferiore all'MSL1 e che possono avere effetti negativi sulla loro saldabilità. Va inoltre ricordato che per i componenti di grado MSL1 non sono necessarie particolari e costose attenzioni durante la manipolazione o l'immagazzinamento. In aggiunta, la costruzione di tipo open-frame della MTU1 è progettata per sopportare con sicurezza il processo di rifusione ed elimina ogni pericolo di solder bridge, mentre la superficie piatta della sua forma a cubo la rende adatta per una movimentazione con attrezzi standard di pick-&-place a vuoto.