Fino al 1° luglio 2006 la lega impiegata per la saldatura era in genere SnPb (Sn 63/37 o Sn 60/40), con punto di rifusione (melting point) a 183 °C nella forma eutettica. Questa lega offriva condizioni ottimali di saldabilità, bagnabilità, diffusione e scorrevolezza, completando quasi in modo autonomo una saldatura che veniva semplicemente impostata dall'operatore. Tale lega aveva la capacità di adattarsi alle variazioni dei parametri operativi e dei materiali ed era sicuramente molto meno critica nella fase di raffreddamento adattandosi tranquillamente ai gradienti ambientali senza il rischio che si creassero particolari problemi al giunto di saldatura. Le temperature di rifusione erano inferiori ai 200 °C, dando così agli operatori ampie finestre termiche di processo sia in produzione sia in fase di ripresa.
Le leghe LF manifestano anche poca scorrevolezza e poca fluidità. È fondamentale la scelta del flussante corretto (Norma IPCJ-STD004A sulla compatibilità dei materiali), che gli permette di essere sufficientemente saldabili. Il flussante deve adattarsi alle specifiche caratteristiche tecniche del prodotto e delle tecnologie utilizzate per saldarlo e, inoltre, deve garantire nel tempo di mantenere invariate le sue caratteristiche. Scarsissima è la capacità di una qualsiasi lega LF di adattarsi alle eventuali variazioni di qualità del flussante, creando immediatamente situazioni di gravi problemi ai giunti come saldature mancanti, effetti bandiera, criccature dei menischi. Queste leghe ecocompatibili hanno un comportamento amorfo, possedendo scarsa bagnabilità sono poco propense a diffondersi, tendendo a mantenere la forma della deposizione iniziale.
L'influenza sulla saldatura manuale
Il contenuto in stagno, di norma superiore del 35-39% rispetto alla precedente generazione di leghe, ha portato a considerevoli aumenti nel consumo delle punte dei saldatori. L'effetto della fortissima azione di elettrolisi esercitata dallo stagno sulla superficie bagnabile delle punte si traduce in una forte tendenza alla solubilità del ferro galvanico (azione fortemente influenzata dalle più alte temperature di lavoro spesso utilizzate), che ha stimolato la nascita di tutta una nuova generazione di punte saldanti. L'attuale tecnologia metallurgica utilizzata allo scopo consente solo di aumentare gli spessori dei trattamenti galvanici per tutelare il cuore della punta ed evitarne una fine prematura. Ma occorre non dimenticare che un eccesso di deposito galvanico di ferro ne pregiudicherebbe la conduzione termica.
Dalla lucentezza al voiding
La valutazione della qualità del giunto saldato in base alla sua lucentezza, come avveniva in passato, non è più realistica. In realtà non sempre era veritiera, poiché molti produttori di leghe saldanti, soprattutto nazionali, aumentavano il contenuto di cloro nell'anima di flussante, con lo scopo di rendere lucida la superficie del piombo, a prescindere dalla qualità del giunto. Questo creava il grave problema della presenza di acido cloridrico nei fumi di saldatura, con grave pregiudizio per la salute dei soggetti asmatici e, comunque, gravemente dannosa per chiunque. Era comunque un primo controllo abbastanza efficace e indicativo di potenziali difettosità.
La conformazione cristallina nelle leghe LF conferisce alla saldatura un aspetto assolutamente opaco. Solo nel momento della fase liquida queste leghe hanno un aspetto lucente, ma solidificando opacizzano, per cui è assolutamente improprio valutare oggi la qualità del giunto dal suo aspetto più o meno lucente; occorre invece verificarne la forma, l'omogeneità della superficie, la dimensione del menisco, la presenza o meno di microfratture. Il problema più comune derivante da un inadeguato raffreddamento (ad esempio troppo lento) di queste leghe, è la presenza sulla superficie del menisco di microfratture dette “shrinkage crack”. Secondo quanto stabilito dalla norma IPC-610-D per le specifiche di accettabilità delle spaccature superficiali, la frattura non deve toccare la base o la testa del giunto, anche se poi il livello di qualità imposto in genere dai committenti spesso non rende in alcun modo accettabile un giunto “criccato”.
Particolarmente adatto allo scopo può essere il nuovo microscopio digitale Weller, che permette ispezioni di superficie con ingrandimenti fino a 90x. Lo stesso strumento può essere utilizzato per precise misurazioni di superficie o come WebCam per trasmissione remota delle immagini acquisite.
La metallizzazione del circuito stampato, quando abbinata a un improprio trattamento termico, rischia di incrementare oltre il limite consentito (>35% del volume del menisco), la presenza di vuoti all'interno del giunto, non consentendo quindi la sua omologazione. È quindi di fondamentale importanza scegliere le metallizzazioni più adatte al tipo di lega LF utilizzata, tenendo presente che, in genere, i trattamenti galvanici di Cu, Sn, Au e HASL sono sempre le migliori soluzioni rispetto ai trattamenti OSP di protezione organica. Lo stoccaggio dei circuiti in camere opportunamente climatizzate è consigliabile quando non esista altra protezione dalle ossidazioni, pena il ricorso a quantitativi superiori di flussante o a flussanti maggiormente attivi. Questo potrebbe creare un successivo problema di lavaggio del circuito o, comunque, lasciare residui che per contaminazione ionica potrebbero generare corrosione o causare la successiva formazione di micro corti (wisker).
Le leghe più utilizzate, per affidabilità e versatilità, sono sicuramente le SAC, mentre sicuramente più usurante e critica è la lega a due componenti SnCu che, però, ha il pregio di avere un costo assai più contenuto rispetto alle prime.
Lega LF e saldatura
In generale si può affermare che il punto di rifusione della lega LF sia maggiore di 30/40 °C rispetto alle leghe Sn/Pb, ma - contrariamente a quello che si pensa - non sono affatto necessarie temperature dei saldatori più alte rispetto a quelle già usate con le leghe SnPb; in genere queste risultano infatti già sufficientemente elevate, spesso esagerate nel caso di valori superiori ai 400 °C. La temperatura ideale di lavoro va mantenuta da 340 °C a 385 °C ed è da valutare caso per caso con l'impegno termico richiesto per via delle masse e delle dispersioni. È comunque bene che la temperatura utilizzata sia la più bassa possibile. Ciò che in realtà deve assolutamente essere fatto è una corretta scelta della punta più adatta (che sia più grande possibile) e una sua appropriata pulizia e manutenzione che ne garantiscano la migliore bagnabilità affinché venga esercitata un'efficace trasmissione di calore dalla superficie di lavoro della punta al giunto da saldare. Quindi, se prima era importante tutelare il più possibile la punta dalle ossidazioni, oggi è assolutamente indispensabile proteggere al meglio la sua “bagnabilità”.
La punta appare come un corpo unico, ma è composta da varie parti (Ved. Figg. 5 e 6) a cominciare dalla più interna - il suo cuore di rame - che ha il compito di fornire una elevata conducibilità della temperatura dalla resistenza verso l'esterno della punta. Il rivestimento in ferro galvanico ha il compito di fornire un'elevata resistenza all'usura e consente di ottenere una ottimale bagnabilità, mentre il rivestimento in cromo galvanico ha il compito di delimitare l'area bagnabile. Con la prestagnatura eseguita sull'area di lavoro si preserva la bagnabilità della punta.
L'area bagnabile della punta saldante
L'area bagnabile, che corrisponde alla superficie di lavoro, è responsabile del trasferimento termico al giunto di saldatura. Per garantire la bagnabilità occorre che si venga a formare una fase intermetallica tra il ferro di rivestimento e lo stagno della lega saldante. La stagnatura dell'area bagnabile avviene grazie all'attivazione del ferro e alla conseguente creazione della fase intermetallica. Avvenuta questa, la punta è stagnata e bagnabile. Il passaggio dalle leghe saldanti con piombo alle leghe lead free ha influito pesantemente, non solo nelle procedure di saldatura e dissaldatura manuale, ma anche sulla vita media delle punte che si è sensibilmente accorciata. Infatti la maggiore percentuale di stagno contenuta nelle leghe LF e un più alto punto di rifusione rendono queste estremamente aggressive e sono la causa di un evidente accorciamento della durata delle punte. Un adeguato trattamento ferro-galvanico della punta aiuta a prolungarne la durata per un tempo ragionevole, tempo influenzato positivamente anche da una buona manutenzione della punta e da un utilizzo corretto dell'utensile. Gli inconvenienti più comuni generati dall'uso sono l'usura dello strato ferro-galvanico e la mancata bagnabilità dell'area di lavoro della punta.
Perché si usura una punta saldante?
La punta è la parte del saldatore naturalmente più soggetta a usura, pertanto il suo consumo non è necessariamente un difetto.
Il cuore in rame della punta è ricoperto da uno strato protettivo in ferro-galvanico che ha maggiore resistenza alla corrosione generata dai flussanti rispetto al rame e alla migrazione metallica causata dallo stagno. La quantità di stagno contenuto nelle leghe lead free (anche oltre il 95%) accresce enormemente il problema della migrazione dei metalli (per solubilità o elettrolisi), fenomeno questo che genera una pesante accelerazione nell'usura delle punte. Il grado di corrosione, di migrazione metallica e di abrasione dello strato ferro-galvanico dipende dal tipo di lega, dallo stress meccanico e dalla temperatura di lavoro utilizzata. Man mano che si usa, la punta si consuma. Ciò significa che lo strato di ferro, che protegge il cuore in rame, si assottiglierà fino a scomparire. Il rame quindi, non più adeguatamente protetto, si renderà in breve tempo solubile nella lega saldante. Pertanto la durata di una punta saldante è strettamente correlata allo spessore dello strato ferro-galvanico: quanto prima il rivestimento ferroso si consuma, tanto più la vita della punta si accorcia e ciò è evidenziato da una foratura della superficie bagnabile. Riassumendo, il processo di usura della punta può essere generato dalla combinazione di tre differenti fenomeni: reazione chimica (corrosione), azione metallurgica (migrazione) e stress meccanico (abrasione).
Ossidazione della punta
L'ossidazione di una punta è causata dall'ossigeno contenuto nell'atmosfera o da residui carboniosi di flussante bruciato, e ciò crea una superficie passiva. Una superficie ossidata non può essere rigenerata dai flussanti di comune utilizzo, rimanendo così non bagnabile. Il trasferimento termico di una punta ossidata è notevolmente compromesso. Il rischio di ossidazione cresce con il crescere della temperatura (450 °C < 1min). Ricoprendo opportunamente di lega la superficie bagnabile della punta ed evitando di sciogliere il filo direttamente sulla punta durante la saldatura è possibile prevenire l'ossidazione.
Un corretto utilizzo e una corretta manutenzione della punta ridurranno sensibilmente i rischi di ossidazione e di non bagnabilità. In Fig. 7 viene mostrata la differenza tra leghe SAC e SnPb, dove La lega saldante SAC causa un'usura delle punte 4/5 volte maggiore rispetto alla lega stagno piombo. I test sono stati effettuati con trattamento galvanico ridotto a 385 °C. La Fig. 8 riporta il sistema di test per valutare la durata delle punte dove i parametri regolabili consentono di simulare varie situazioni di processo. I test robotizzati forniscono indicazioni attendibili e riproducibili, conformi alle informazioni ricevute dagli utilizzatori finali. È possibile impostare la velocità di avanzamento della lega e temporizzarne il feeding, regolare il tempo di inattività del saldatore e quello intercorrente tra le azioni di pulizia delle punte
Il trattamento ferro-galvanico
Weller ha tenuto conto dell'importanza assunta dal trattamento di protezione incrementando il trattamento galvanico del ferro (processo altamente sofisticato) al fine di ottimizzare il rapporto tra durata e qualità della saldatura. Esistendo una stretta correlazione tra lo spessore del trattamento galvanico e la durata della punta, il rame è stato ricoperto da uno strato galvanico con spessore che varia da 150 a 500 µm in funzione della geometria della punta. Il trattamento galvanico in ferro ha tre importanti caratteristiche: garantisce una maggiore protezione dall'usura, conferisce una buona bagnabilità alla punta, ma ha una minore capacità di conduzione del calore (circa 5 volte inferiore al rame) e questo rappresenta chiaramente uno svantaggio.
Il raddoppio dello spessore del deposito galvanico ha portato a un'evidente diminuzione della produttività (pari a -15%). Il motivo è da ricercarsi in una più lenta trasmissione del calore dal cuore della punta al giunto di saldatura.
Per la difficoltà insita nel processo, la geometria della punta influenza lo spessore del rivestimento, perché più è fine la punta, più problematico risulta il deposito galvanico di ferro.
Dato che il maggiore spessore del rivestimento riduce la capacità di trasferimento termico le punte più fini (di tipo conico) hanno la superficie di lavoro composta dal solo strato ferro-galvanico; in punta quindi non è presente il rame e questo fatto ostacola un ottimale trasferimento del calore. Lo spessore del rivestimento è di circa 150 μm per le punte più fini, equilibrio ottimale tra durata e prestazioni
La durata delle punte
La durata delle punte può essere vista in comparazione col tipo di lega e con la temperatura d'esercizio.
Comparate alla SAC (Sn95, 8Ag3, 5Cu0,7), la lega SC (Sn99, 3Cu0,7) e SA (Sn96, 5Ag3,5) riducono la durata delle punte rispettivamente del 25% e del 35%.
Anche la temperatura di lavoro ha una grande influenza sulla durata delle punte perche al suo aumentare il grado di corrosione e di migrazione aumentano esponenzialmente. Usando la lega SC con temperature comprese tra 360 °C e 410 °C la durata della punta diminuisce di circa 230 operazioni di saldatura per °C (-40%). L'influenza della temperatura è differente a seconda del tipo di lega lead free, comparando una lega SC con una SAC appare evidente che con la seconda si avrà una diminuzione di 470 cicli di saldatura per °C (-75%), garantendo comunque una durata maggiore rispetto alla lega SC.
Il maggiore contenuto in solido del flussante e la pulizia dry clean
In molti casi, il flussante contenuto nel filo di saldatura ha un elevato contenuto di parte solida. Una porzione del flussante rimane sulla punta e si fissa in superficie ad essa. La superficie di lavoro a questo punto diventa rapidamente non bagnabile. I residui di flussante sono aggressivi e creano corrosione anche mentre il saldatore si trova nell'apposito supporto. Una periodica e adeguata pulizia è parte importante delle operazioni di manutenzione, dettata dal maggior rischio di ossidazione dovuto quindi anche all'aumento dei residui di flussante. La pulizia a secco utilizzando una speciale lana metallica (Weller WDC, as esempio) rappresenta un importante miglioramento. La rimanenza di una minima quantità di lega in combinazione con l'eliminazione dei residui di flussante dalla superficie di lavoro della punta riduce il rischio di ossidazione e di corrosione nello stesso tempo. Per eliminare gli eccessi di lega dalla punta, può essere utilizzata la vaschetta del WDC (il WDC2 Dry Cleaner è adatto a tutti i nuovi supporti Weller WDH), sul cui bordo in silicone morbido è possibile battere con cautela il saldatore. Si ricordi comunque di seguire sempre la stagnatura della punta con una sufficiente quantità di lega prima di riporre lo stilo nell'apposito supporto.
Weller ha realizzato anche una serie di altri accessori per ridurre l'usura delle punte. Il supporto di sicurezza Stop+Go WDH10/20T interrompe l'alimentazione all'utensile quando questo è riposto, mentre la barretta WPB1è l'ideale per pulire e rimuovere dalle punte ossido e flussante cristallizzato (operazione da eseguire a freddo). Dopo aver ripulito la punta bisogna immergerla nel Tip Activator che contiene uno speciale gel organico utilizzato per riattivare le punte ossidate. Bisogna poi ristagnare dopo aver usato il Tip Activator e utilizzare la temperatura di lavoro più bassa possibile, al fine di prevenire una veloce ossidazione.
La piastra di preriscaldo WHP3000, alzando la temperatura del pcb, riduce la richiesta termica dal saldatore. È questa composta da elementi ceramici ad alta efficienza (IR), che equalizzano la distribuzione della temperatura e, supportando il processo di saldatura, contengono il rischio di surriscaldare i materiali danneggiandoli.
Consigli per una corretta saldatura lead free
• Non eccedere i 385 °C. La lega lead free non necessita di temperature di lavoro più elevate. La temperatura elevata aumenta esponenzialmente il grado di usura della punta. I residui di flussante bruciato creano depositi nerastri sulla superficie della punta saldante. L'uso di temperature più basse riduce l'ossidazione e previene spruzzi di flussante sul circuito.
• In genere, scelto un utensile di adeguata potenza, dotato di un ottimo sistema di controllo della temperatura, è possibile in molti casi ridurre la temperatura di lavoro. Weller WSP 80 e WP 80 combinano un'elevata potenza degli elementi riscaldanti col trasferimento ottimale del calore, a cui si affianca una spiccata ergonomia che rende più confortevole e preciso il lavoro.
• Le punte più grosse garantiscono il migliore trasferimento del calore al giunto. Usare quindi la punta più grande possibile in funzione dell'applicazione.
• La pulizia a secco della punta con Weller WDC garantisce bagnabilità per tempi più lunghi.
• Avere sempre cura di mantenere stagnata la punta al fine di prevenire l'ossidazione.
Mai pulire la punta prima di riporre lo strumento nell'apposito supporto.
• Usare possibilmente tutti gli accessori e le funzioni delle macchine che aiutano a ridurre i consumi (standby, auto off, supporti Stop+Go ) o spegnere gli utensili negli intervalli di lavoro.
• Scegliere la giusta lega (ad esempio con micro additivi) e flussanti che riducano l'usura della punta.
Ciò che possiamo evincere dai risultati dei test, è che l'elettrolisi sulla punta aumenta con l'uso delle leghe lead free e che l'aumento di spessore dello strato ferro-galvanico è una soluzione che consente di compensare questi effetti, ma contemporaneamente, ad un maggiore spessore ferro-galvanico, corrisponde una perdita di prestazioni della punta. Con l'intento di compensare questo gap, molti aumentano le temperature di lavoro, in realtà peggiorando ulteriormente la situazione. Una temperatura più alta accrescerà esponenzialmente il problema della corrosione, migrazione e ossidazione; inoltre, bruciando una parte di flussante, sulla punta si creeranno dei depositi carboniosi nerastri che, ossidandone ulteriormente la superficie, la renderanno in breve non bagnabile. L'aumento delle temperature di lavoro è l'errore più comune compiuto dagli utilizzatori, i quali cercano così di compensare le temperature di rifusione in genere più elevate rispetto alla lega SnPb. È da osservare che temperature eccessive sul giunto di saldatura, essendo molto critica la fase di raffreddamento, potrebbero causare gravi problemi di qualità del giunto stesso quali microfratture del menisco ed eccessi di void all'interno. Una temperatura bassa (si raccomandano in genere al massimo 385 °C) e una buona conduttività termica sono basilari per le applicazioni lead free di qualità. Questo significa che è meglio usare la punta più grande possibile, cioè con una superficie di contatto di dimensioni adeguate, per una migliore trasmissione del calore; detto questo risulta quindi meglio usare punte con geometria a cacciavite piuttosto che quelle coniche. La scelta dell'utensile saldante/dissaldante adeguato è parte essenziale per un'adeguata applicazione lead free. Per limitare la perdita di prestazioni sono necessari sistemi di saldatura più potenti (minimo 80 W). Per fare un esempio, il nuovo sistema brevettato da Weller di ridotte dimensioni, combinato alla resistenza integrata nell'impugnatura (WP 80-WP 120), dispone di notevole conduttività termica nel riscaldare e di dinamica termica assai rapida nel raffreddarsi tale da essere preferibile a qualsiasi altro sistema convenzionale.