Norme UE sulle batterie, BESS e burocrazia

BESS

A che punto siamo sulla diffusione dei BESS (Battery Energy Storage System) nel nostro paese?

Il regolamento sulle batterie UE 2023/1542 è entrato in vigore da quasi un anno abrogando la vecchia direttiva 2006/66/CE. Qual è la situazione odierna, come si stanno adattando le aziende per soddisfare i nuovi requisiti del pacchetto, ma soprattutto come sta impattando sul mercato delle batterie industriali? Sparq parla in questo articolo delle imminenti scadenze previste nella normativa e a quali problemi possono andare incontro le aziende. Inoltre, alcune considerazioni pongono il focus su alcune criticità del pacchetto e delle normative italiane in fatto di installazione dei sistemi di stoccaggio energetico. È oramai noto che il nuovo regolamento rappresenta il primo passo concreto che l’Europa compie prendendo in considerazione l'intero ciclo di vita della batteria che dovrà essere corredata di tutte le informazioni tecniche, insomma tutti i “frammenti di vita”.

Un pacchetto di norme, tanti step

Il regolamento UE 2023/1542 prevede, come detto, il raggiungimento di vari obiettivi, alcuni in modo graduale ma perentorio, fra i quali quello fondamentale che è la certificazione. A tutti i produttori, sono stati concessi infatti 365 giorni per potersi adeguare alla prima prescrizione che riguarda la marchiatura CE di ogni batteria che viene immessa sul mercato nonché sottoporle a certificazione per quanto riguarda la sicurezza, la qualità ma anche il trasporto. La data 18 agosto 2024 segna decisamente un cambio di passo verso maggiore trasparenza e quantità disponibile di informazioni. Va considerato che l’obbligatorietà della marcatura CE entra in vigore il 18, pertanto per qualsiasi batteria immessa sul mercato a partire da tale data: quando si parla di immissione sul mercato si intende, ad esempio per i produttori, la data di fatturazione della merce al cliente oppure per gli importatori, la data relativa allo sdoganamento.

Regolamento REACH

Il REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals) non è cosa nuova, poiché già vigore dal 18 dicembre 2006 (all’UE piace evidentemente il 18), ma mantiene le restrizioni facendo da ponte fra la 2006/66 e la 1542/2023. Il REACH stabilisce procedure su come valutare e registrare informazioni su proprietà e pericoli delle sostanze chimiche utilizzate per la produzione, nonché le forti restrizioni di altre sostanze come cadmio, piombo e mercurio e l'elenco di quelle la cui produzione, commercializzazione e utilizzo nell’UE deve essere soggetto ad autorizzazione specifica.

Favorisca i documenti

A partire da agosto del prossimo anno, per tutte le batterie con capacità superiore ai 2 kWh, o 5 kg di peso, e quindi saranno comprese i pacchi industriali per i BESS o per l’impiego automotive, ogni produttore oltre a fornire il passaporto della batteria dovrà includere anche la relativa certificazione del carbon footprint. Va considerato che per quest’ultima prescrizione, il calcolo corretto dei valori di impronta carbonica per produrre il pacco non sono di facile esecuzione poiché devono tenere conto non solo della quantità di emissioni generate durante la produzione ma anche quelle riguardanti l’estrazione o la preparazione dei vari componenti, il trasporto del semiprodotto o di quello finito, se di importazione, oppure al trasporto delle materie prime nel caso vi sia una produzione localizzata. La normativa in questo senso vuole anche sensibilizzare il mercato verso una più marcata circolarità: verso il “km zero”, che poi oggigiorno tanto “zero” non è, se il totale di materia prima utilizzata è soggetto a spostamenti lunghissimi nei vari angoli del globo.

Non solo nuove regole per le batterie, ma anche iter burocratici, investimenti e rete

Il nuovo regolamento, includendo qualsiasi tipologia di batteria, ha e avrà un impatto anche nel comparto dell’energy storage, il quale sta registrando continui trend positivi anche nel 2024. Tuttavia, se da una parte vedremo lo sforzo da parte dei produttori nell’adeguarsi ai nuovi requisiti imposti dalla normativa, dall’altra vi sono gli aspetti burocratici che riguardano i BESS e i sistemi di accumulo. Purtroppo nel nostro paese gli iter hanno sempre rappresentato un ostacolo spesso non facile da superare e spesso gli “incartamenti”, più che garantire il pieno rispetto delle regole producono un efficace effetto frenante nello sviluppo delle nuove tecnologie. Va detto che, parlando di BESS in riferimento a entrambi gli ambiti, industriale e residenziale, assieme alla burocrazia entrano in gioco anche altri fattori come quello economico (incentivi vs costi) e quello strutturale (delle reti elettriche esistenti). In questo calderone dove ribollono regole, carte e variabili qual è il sentiment delle aziende e dei privati verso i sistemi di accumulo?

Per quanto riguarda il comparto residenziale, è logico che la vera spinta nell’adozione di un sistema di accumulo è data dagli incentivi. Infatti, a differenza dell’approccio industriale, la tendenza del soggetto privato è quella di considerare l’entità degli incentivi disponibili prima ancora di calcolare l’eventuale ROI del progetto. Ciò è dovuto in parte a fattori come ad esempio l’esigenza di ottenere un’indipendenza energetica, parziale o totale che sia, sfruttando le energie rinnovabili; questa esigenza negli ultimi anni è cresciuta maggiormente a causa del caro energia e, diciamolo pure, dei costi fissi in bolletta non sempre giustificati. E proseguendo sul discorso dei costi, questo è il fattore che invece incide maggiormente sulla scelta di adottare l’energy storage da parte delle industrie. A differenza del settore residenziale, vi è proprio un’attenta valutazione dei costi di installazione e del relativo ROI a prescindere dall’entità degli incentivi. In questo caso le aziende, che si sono adattate alla situazione attuale caratterizzata da mercati la cui volatilità è oramai una realtà consolidata, tendono a pianificare in modo molto prudente. La tendenza è quindi quella di fare “il passo meno lungo della gamba” poiché va considerata sia l’entità di un possibile investimento in materia di BESS che (incentivi o no) non è di poco conto, sia l’incertezza di non rientrare nelle spese a causa di possibili contrazioni di un mercato abbastanza imprevedibile.

 

BESS e burocrazia

Arriviamo all’aspetto che rappresenta il comun denominatore dei due scenari fin qui descritti: la burocrazia e il lungo iter, necessari a completare la messa in funzione di un BESS. Il dedalo di regole per tutti coloro che decidono (o hanno intenzione) di installare un sistema di energy storage è fitto e intricato. Resterà in vigore fino al 31/12/2024 il bonus 50% per l’installazione residenziale (logicamente attraverso il fotovoltaico) per poi scendere al 36% dal primo gennaio del prossimo anno, prima ancora di iniziare il dimensionamento del sistema occorre recuperare documentazione catastale del condominio, dell’abitazione, riempire gli appositi moduli e per svolgere tutti questi step senza errori è necessario rivolgersi ad un consulente specializzato. Per le industrie le cose si complicano ulteriormente poiché va considerato che al di sopra di una certa potenza (150 kW) occorre ottenere il benestare degli enti energetici (Terna o altri) pertanto è assolutamente necessario un consulente energetico che faccia da intermediario fra l’azienda e gli enti. Mediamente il tempo per poter portare a termine l’intero iter richiede dai sei ai dodici mesi.

Anche la rete elettrica gioca un ruolo importante, poiché non essendo omogenea e strutturata allo stesso modo nelle varie aree nazionali. Il rischio è quello di avere molti sistemi di BESS di autoproduzione e redistribuzione, i quali non possono restituire parte della loro efficacia a causa di una rete che non è in grado di supportare la re-immissione di energia.

Ostacoli o meno, l’Italia crede nelle rinnovabili

Nonostante sia necessario superare parecchi ostacoli per l’installazione di un sistema di energy storage, nel nostro Paese il mercato dei BESS che sfruttano le rinnovabili (in particolare il fotovoltaico) è più che mai in fermento. Stando all’ultimo report di SolarPower Europe, l’Italia ha guadagnato la piazza d’onore (subito dietro la Germania) per quanto riguarda le quote di mercato dell’energy storage. Il 2023 ha fatto registrare il miglior risultato di sempre con quasi 4 GWh (22% della quota mercato) di BESS fotovoltaici installati, il che corrisponde a poco meno del 90% in più rispetto al 2022. Sulla scia di questo trend molto positivo (e con indubbi benefici), vi è quindi da aspettarsi per i prossimi anni la conferma delle stime di crescita dell’energy storage che parlano di un incremento di oltre sette volte entro il 2030. Ciò è anche confermato dal Capacity Market, l’asta madre, conclusasi il 26 luglio, per il mercato della capacità (parliamo di impianti che generano energia attraverso le rinnovabili) in riferimento all’anno di consegna 2025. In un comunicato Terna ha reso noto che sono stati accettati 37,58 GW di capacità esistente, 0,2 GW di capacità nuova (ossia proveniente dalle nuove installazioni) e 4,36 GW proveniente da impianti extra territoriali. L’asta prevede inoltre l’assegnazione di un premio di valorizzazione per tutti gli impianti (esistenti o di nuova costruzione) come contributo per incentivare la crescita delle rinnovabili. Per il 2025 il premio di valorizzazione complessivo ammonta a ben 1,73 miliardi di euro.

In conclusione, i motivi del successo dei sistemi di accumulo risiedono nell’ampliamento dell’offerta fra produttori (e ciò garantisce anche prezzi più vantaggiosi rispetto al passato) e alla disponibilità di sistemi collaudati. Tuttavia se in Europa si vuole proseguire il percorso verso i goal di Agenda 2030 occorre muoversi sul fronte della maggiore sensibilizzazione, non solo di aziende e privati ma anche degli enti pubblici e ciò deve necessariamente contemplare il deciso snellimento delle pratiche burocratiche nonché la significativa riduzione delle figure intermediarie.

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