Problematiche MSD: suggerimenti per saldare al meglio

MSD

Non tutte le tecniche di saldatura dei componenti hanno lo stesso impatto sui dispositivi sensibili all’umidità: scopriamo perché

L’accumulo di umidità assorbita dai materiali igroscopici è un problema di cui soffrono la componentistica e i circuiti stampati: una debolezza latente che può esplodere in tutta la sua criticità compromettendone funzionamento e integrità fisica. Non a caso si parla dei componenti elettronici e dei PCB definendoli MSD, ossia Moisture Sensitive Devices. Trascurando l’ossidazione, pur riconducibile alla presenza di umidità, il vero pericolo è la propensione di materiali come le resine dei package e dei circuiti stampati a trattenerla, l’umidità; e questo fenomeno fa sentire i suoi deleteri effetti quando si devono assemblare i PCB-A o riparare le schede elettroniche, allorché il calore della saldatura va considerato con estrema attenzione, in quanto se è vero che essicca i materiali, è vero altrettanto che può essere tanto intenso da provocare un’espulsione incontrollata della condensa umida intrappolata fra i layer dei PCB e nelle resine degli involucri dei componenti.

Per questa ragione, oltre ad adottare una serie di accorgimenti per rimuovere l’umidità in maniera graduale e quindi controllata, prima delle fasi di saldatura e riparazione, è opportuno valutare attentamente l’impatto delle tecniche di saldatura sull’integrità delle parti coinvolte e come esso sia correlato alla tecnica di saldatura adottata.

 

MSD: perché è importante

I circuiti stampati e i componenti elettronici possono essere luogo di condensa a causa dello stoccaggio in ambiente umido o particolarmente freddo, specie per lunghi periodi; non a caso è stato definito uno standard congiunto IPC/JEDEC J-STD-033A Standard for Handling, Packing, Shipping, and Use of Moisture/Reflow Sensitive Surface Mount Devices, che detta le regole per classificare, identificare e imballare i componenti fino a quando devono essere saldati o comunque lavorati, oltre che stabilire per ciascuna classe di componenti quanto tempo può passare tra l’apertura dei contenitori e ambienti secchi e l’utilizzo, per stare al riparo dalle conseguenze dell’espulsione dell’umidità durante la saldatura o il rework.

Nel caso dei PCB, l’umidità viene intrappolata nel circuito stampato o assorbita dal materiale laminato, in funzione del materiale utilizzato: normalmente l’FR4 (vetronite) ma anche il polymide.

Un discorso analogo si applica a quei componenti elettronici classificati come MSD, per i quali vanno adottati alcuni accorgimenti sia nella conservazione che nella saldatura.

Per quanto riguarda i circuiti stampati, indicativamente la vetronite standard trattiene circa l’1% dell’umidità dell'aria, mentre la pellicola in polymide ne assorbe circa il 3%.

 

MSD e saldatura

In virtù del fatto che il forte calore somministrato durante la saldatura tende a far evaporare repentinamente ed espellere quasi istantaneamente l’umidità contenuta nei componenti e nei layer dei PCB, si verifica il fenomeno del degassamento: nei PCB l’umidità immagazzinata evapora molto rapidamente, tanto da essere espulsa a pressioni tali da causare il rigonfiamento e la separazione dell’isolante tra due layer (fenomeno di delaminazione) ma anche delle piste, nonché il danneggiamento dei fori metallizzati (vie).

Normalmente il vapore esce dalle stesse vie da cui è entrata l’umidità; quindi, i fori passanti del PCB o le fessure nella sezione del laminato dovute a un’imperfetta adesione; la rapida espulsione dovuta alle temperature di saldatura, che sono anche tre volte quella di ebollizione dell’acqua, aumenta la pressione, che deve sfogare in fretta causando delaminazione o formazione di bolle nel PCB, fuoriuscendo poi attraverso la placcatura in rame dei fori passanti. L’espulsione attraverso le vie, cieche (blind), sepolte (buried) o passanti (through hole) provoca crepe da soffiatura, il distacco delle vie dai layer interni e la comparsa di microfori, come anche il distacco di alcuni pad e piste sopra di essi.

Quanto ai componenti, la forte pressione dovuta alla rapida evaporazione dell’umidità immagazzinata nelle resine dei package può causare delle crepe e addirittura il distacco del die e dei suoi collegamenti; di solito il punto più critico è la zona centrale del package, perché è quella che impone all’umidità espulsa il percorso più lungo. Nei BGA, si verifica il rigonfiamento di alcune zone superficiali, meglio noto come “popcorn effect” per via della formazione di più bolle (Figura 1).

MSD
Figura 1 – Le tipiche bolle che si formano sui componenti BGA con supporto in vetroresina

Questi fenomeni non si verificano alla stessa maniera con tutte le tecniche di saldatura ed è per questo che di caso in caso può essere preferibile orientarsi verso questa o quella.

Proviamo ad analizzare il fenomeno relativamente alle tre tecniche canoniche: il reflow soldering, molto utilizzato in ambito industriale per la produzione di board SMD, la saldatura a onda e quella manuale.

La tecnica più impattante è il reflow soldering, che per mitigare le conseguenze dell’umidità implica l’esecuzione di procedimenti come il baking e l’adozione di accorgimenti nella conservazione accurata dei componenti e dei PCB; pertanto, è molto laboriosa sotto l’aspetto della preparazione dei materiali nella fase preliminare alla produzione.

Durante il processo di saldatura o di reflow soldering finalizzato alla produzione o al rework degli SMD, bisogna riscaldare l’intero circuito stampato, a meno di non poter operare selettivamente e comunque bisogna riscaldare il fondo del PCB; inoltre per portare a una certa temperatura il complesso PCB-componenti, se si opera ad aria calda occorre che questa sia a temperatura sensibilmente maggiore di quella target di fusione della lega saldante, almeno nella fase iniziale e comunque anche stabilizzandola poi al valore Tp (Temperature peak) rimane l’inerzia termica dell’insieme che espone, durante il tempo critico (Critical Time = Tl + Tp) a rischio residuo.

In questo processo di lavorazione, in special modo quando ad essere riscaldata è l’intera piastra all’interno di un forno di rifusione, l’umidità immagazzinata evapora molto rapidamente, tanto che si verifica il rilascio a pressioni tali da causare il rigonfiamento e la separazione dell’isolante tra due layer (fenomeno di delaminazione) ma anche delle piste, nonché il danneggiamento dei fori metallizzati (vie).

Molto spesso questo è causa di schede non funzionanti o di difettosità che si manifestano nelle prime ore di lavoro.

Le conseguenze del connubio reflow soldering - umidità possono essere attenuate operando una saldatura selettiva e quindi riscaldando solo alcune aree, ma solo dopo aver portato in temperatura (di solito 140 °C) l’intero PCB attraverso un “letto riscaldato” a infrarossi con una pendenza di incremento della temperatura piuttosto ridotta, in modo da dare tempo all’umidità di uscire, quindi riscaldando alla temperatura di rifusione della lega saldante le sole aree in cui si trovano i componenti da saldare; tuttavia anche in questo caso occorre avere disposto dei componenti trattati e gestiti secondo le direttive sugli MSD.

MSD e saldatura a onda

Una via di mezzo, sotto l’aspetto dei rischi MSD, è la saldatura a onda, perché in questo caso viene investita dalla lega saldante fusa la sola parte inferiore del circuito stampato, che si suppone priva di componenti elettronici; riservata al montaggio di schede con componenti a foro passante (THT) la tecnica di saldatura a onda riscalda i soli reofori, che quindi da una parte hanno il tempo di dissipare parte del calore dal quale sono investiti lato saldature e dall’altra propagano il calore stesso al corpo del componente corrispondente con una certa lentezza, lasciando quasi sempre il tempo al complesso di adattarsi termicamente e soffrire meno lo stress da dilatazione termica.

Nella saldatura a onda, l’elemento che soffre maggiormente le conseguenze del calore e che può risentire degli effetti deleteri dell’espulsione della condensa umida è il PCB, perché entra fisicamente in contatto con l’onda di lega saldante fusa, tuttavia va considerato un aspetto: diversamente dal reflow soldering compiuto nel forno a rifusione, è una sola faccia del PCB ad essere investita dal calore, mentre l’altra è alla temperatura dell’ambiente di produzione.

MSD e saldatura manuale

La migliore tecnica di saldatura sotto l’aspetto della sensibilità degli MSD è quella manuale, almeno per i PCB (perché i componenti soffrono ugualmente) quindi richiede poca preparazione; per manuale si intende ogni forma di saldatura per montaggio o rework eseguita con tecniche manuali o semiautomatiche, mediante strumenti che vanno dal comune saldatore a stilo alla hot-air station, fino alle macchine da banco di reflow soldering per rework che consentono la saldatura selettiva. Sicuramente la tecnica che non impatta a livello MSD è la saldatura mediante saldatore a stilo, perché riscalda reoforo e piazzola e pertanto ha un effetto localizzato; meno “indolore” è la saldatura eseguita con la hot-air station, perché in questo caso si tratta di dirigere un getto d’aria calda più o meno circoscritto (bisogna scegliere opportunamente sagoma e dimensioni dell’ugello, oltre che il flusso d’aria) che scalda l’intero componente e l’aria immediatamente circostante, lasciando indenne il resto del PCB. Questo dà modo alle zone attigue di assorbire la dilatazione termica e all’umidità di liberarsi a pressione minore, perché vi sono più vie di fuga a fronte di una quantità minima. Tuttavia, se è vero che l’utilizzo del getto d’aria calda preserva maggiormente il PCB, si deve considerare che senza un riscaldamento del lato inferiore della scheda occorrerà insistere maggiormente sul componente da saldare o ritrattare, con l’effetto che magari non si guasta per effetto dell’espulsione dell’umidità ma per il surriscaldamento del semiconduttore.

Similmente si potrebbe dire della saldatura a rifusione effettuata mediante macchine da reflow soldering manuale o semiautomatico basate su riscaldatore ad aria con ugello di dimensioni calibrate: in questo caso, scegliendo opportunamente il gradiente di crescita della temperatura del letto riscaldato è possibile dare tempo all’eventuale umidità assorbita dal PCB di uscire senza danno; il getto d’aria calda (inferiore e superiore) purtroppo può essere l’elemento più critico, perché di solito, a meno di non poterlo modulare, esce a temperatura fissa e più alta di quella target di fusione della lega saldante.

Questo concetto si può applicare anche alle macchine di rework dotate, come riscaldatore superiore, di lampada al quarzo fonte di infrarossi, perché la temperatura sviluppata nel punto investito dagli IR dipende, oltre che dal flusso luminoso della lampada, dalla percentuale di assorbimento della radiazione all’infrarosso. Sicuramente una buona termoregolazione, basata sull’applicazione di una termocoppia sulla superficie del PCB il più vicino possibile al componente da trattare può limitare la temperatura al valore strettamente necessario alla rifusione della lega saldante, però non è facile ridurre i rischi connessi al rilascio di umidità

 

Minimizzare i rischi da umidità

Per evitare tutti i problemi descritti quando si devono eseguire lavorazioni di reflow soldering, relativamente ai PCB e ai componenti, è utile riscaldare gli elementi lentamente prima della lavorazione, puntando a una temperatura di 90÷110 °C così da far evaporare lentamente l’umidità in atmosfera controllata e non incorrere in problematiche MSD; la procedura viene chiamata “PCB baking” o semplicemente “bake” e consiste in una “cottura” in forni appositamente progettati per giungere all’essiccazione. Questo vale anche per le schede elettroniche complete da sottoporre a rework per reflow soldering.

La scelta della temperatura dipende dal tipo di componenti presenti a bordo del PCB e volendo può arrivare anche intorno ai 130 °C.

Il processo richiede tempo perché non è pensabile lavorare ad alte temperature, sia perché sarebbero comparabili a quelle di saldatura, sia perché potrebbero danneggiare parti e involucri in plastica come altri elementi sensibili al calore.

Dopo il processo di cottura, è opportuno immagazzinare i circuiti stampati in buste sigillate sottovuoto (anche non spinto) o in ambiente a umidità controllata, ovvero in alternativa inviarli subito alla lavorazione.

Il tempo massimo che deve trascorrere tra il backing e la saldatura dei componenti dipende dalle condizioni di conservazione dello stampato: al 50% di umidità relativa, il PCB deve essere lavorato entro 8 ore, mentre se gli stampati vengono conservati in una camera alla temperatura di 35°C, tale intervallo può diventare di qualche giorno.

Per quanto riguarda i componenti elettronici sensibili all’umidità, vengono confezionati in fabbrica in buste antistatiche e sigillate quanto basta ad evitare che assorbano umidità dall’esterno.

Esiste una classificazione del livello di sensibilità nei confronti nell’umidità secondo normativa J-STD- 020D.1 che dipende dal materiale di cui sono fatti i componenti e che fornisce un’indicazione del tempo massimo che può trascorrere dall’estrazione dalla busta sigillata di protezione dall’umidità, al momento della saldatura per reflow soldering: questo tempo è detto floor life time, vale a dire il tempo di vita nell’ambiente. Tale classificazione si applica ai componenti SMD e assegna un valore MSL di grado crescente all’aumentare della sensibilità, correlato al massimo tempo che deve trascorrere prima della saldatura.

Il grado MSL è definito sulla base della “sopravvivenza” ad un processo di reflow soldering alla temperatura di 260°C o a temperature inferiori specificate (con un’etichetta sulla custodia) di volta in volta per determinati package. I tempi sono riferiti alla permanenza in ambiente con temperatura e umidità differenti in base al grado: per l’MSL 1 si parla di temperatura ≤30°C e 85% di RH, per l’MSL 2 e l’MSL 3 il tempo è riferito a temperatura ≤30°C e 60% di RH.

Per supportare i produttori di schede elettroniche, le case costruttrici di componenti SMD devono quindi classificare ogni dispositivo in base al tempo che determina l’assorbimento di un livello critico di umidità in un ambiente di produzione standard; lo fanno, appunto, definendo il grado MSL dei propri prodotti, in linea con la normativa di settore.

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