Mentre l'industria elettrica tedesca, nel suo complesso, nei primi sette mesi di quest'anno si è sviluppata come previsto - il suo fatturato è stato di 98,9 miliardi di euro, con un aumento tendenziale del 10,3% - per i produttori di pcb il 2011, finora, è stato un anno eccellente. Il turnover del primo semestre, infatti, ha superato del 18,1% il corrispondente dato dello scorso anno. Ma i tempi si stanno nuovamente facendo più duri, come mostra pure il fatturato del settore che è risultato, a giugno, quasi invariato su base annua (+0,5%) ed in calo del 12% rispetto a maggio. In particolare, però, sono gli ordini a destare preoccupazione, giacché essi sono diminuiti del 26,8% rispetto a maggio, pur risultando ancora leggermente superiori (0,2%) alla media dei mesi di giugno degli ultimi dieci anni. La tendenza, comunque, è al ribasso ed i segnali - riguardanti l'intera economia del paese - che provengono da varie fonti fanno supporre che negli ultimi mesi di quest'anno anche per l'industria dei circuiti stampati gli affari peggioreranno sensibilmente. Così, ad esempio, il PMI (Purchase-manager index, indice dei responsabili agli acquisti), rilevato periodicamente dall'istituto londinese di analisi economiche Markit intervistando i responsabili di circa 3.000 aziende europee, in settembre ha assunto il valore di 48,5 punti (meno 0,5 punti rispetto ad agosto) segnalando in tal modo che gli affari stanno peggiorando (esso indica una crescita quando supera i 50 punti). In Germania detto indice, con 50,3, è ancora superiore al valore di soglia per la crescita, ma la tendenza è anche qui al ribasso. E pure l'indice “clima Ifo” a settembre non promette nulla di buono visto che, rispetto ad agosto, è diminuito di 1,3 punti posizionandosi a quota 107,5. Sono in particolare le previsioni delle imprese per i sei mesi successivi a causarne il peggioramento: infatti esse, dopo aver raggiunto un massimo nello scorso febbraio (110,7), sono diminuite in modo monotòno fino a raggiungere il valore di 98 punti a settembre.
Non dà motivi di preoccupazione, invece, il rapporto book-to-bill che, anche se nel primo semestre del 2011 non è mai risultato superiore all'unità, a giugno si è posizionato sullo 0,88 registrando un piccolo aumento mensile; in aprile il valore di questo rapporto era però già sceso allo 0,73.
Resta la domanda inerente all'intero turnover del settore nel 2011. Visto che la ZVEI pubblica i fatturati una sola volta all'anno, non resta che stimarlo. Tenuto quindi conto del fatto che nel 2010 il giro d'affari dei produttori tedeschi del settore è stato di 883 milioni di euro e considerando che le prospettive per l'intera economia tedesca si sono rabbuiate notevolmente durante l'estate - soprattutto a causa della crisi greca -, bisogna concludere che risulta poco probabile che il fatturato del settore quest'anno riesca a superare il miliardo di euro. Un risultato, questo (1 miliardo), che sarebbe in ogni caso molto positivo ed in linea con le previsioni ZVEI relative al mercato tedesco dei pcb che, quest'anno, è visto in crescita del 7,2%.
Un segnale nettamente positivo è fornito dal numero di dipendenti dell'industria dei pcb che, su base annua, è cresciuto dell'8,3%, raggiungendo così un valore prossimo al corrispondente dato del 2008.
La crisi dell'euro
frena l'espansione tedesca
L'andamento dell'economia tedesca nel primo semestre del 2011 (e, per quanto si può dire - visto che i dati ufficiali saranno disponibili solo a metà novembre -, anche nel terzo trimestre) è stato altalenante: dopo un esuberante primo trimestre (variazione del Pil: +1,3% rispetto al trimestre precedente) vi è stato un secondo trimestre deludente (+0,1%) seguito da un miglioramento nel terzo trimestre (Fig. 3). Per quest'ultimo gli esperti stimano infatti un rafforzamento della crescita del Pil che dovrebbe essere compresa fra lo 0,3% e lo 0,6% su base trimestrale. Molti concordano, però, sulla previsione di un nuovo sensibile rallentamento nel quarto trimestre di quest'anno che potrebbe essere a crescita nulla o, addirittura, negativa - come prevede l'Ocse. Pressoché tutti gli istituti di analisi economiche hanno comunque recentemente rivisto le proprie previsioni correggendole al ribasso: per quest'anno ci si attende, in media, un incremento del Pil del 3% circa, mentre per il 2012 i pronostici vanno da +0,8% (IfW e IWH) a +1,25% (IW). Di certo c'è solo che la situazione ad ottobre è molto incerta poiché, da un lato, la congiuntura mondiale sta indebolendosi (con una possibile contrazione dell'export tedesco) e, dall'altro, sussiste ancora la crisi dell'euro. L'origine di quest'ultima va ricercata nei padri fondatori dell'Ue che, invece di agire cum grano salis, hanno solo pensato ad ingrandire in fretta e furia l'Unione fondando questo ampliamento più sulle speranze che sui fatti inerenti ai nuovi paesi candidati membri. Avessero badato a quest'ultimi, stati come la Grecia non avrebbero mai dovuto ottenere l'ingresso nell'Unione, e anche l'Italia avrebbe dovuto sforzarsi di più al fine di ridurre il debito statale. E, quel ch'è peggio, nessuno può prevedere come la crisi dell'euro (e dell'Ue) andrà a finire, dato che, nonostante tutte le affermazioni contrarie della cancelliera Merkel e del presidente francese Sarkozy, la probabilità che la Grecia soccomba sotto la pressione dei mercati finanziari ed il carico del suo debito è, a nostro avviso, molto alta. Se questo avverrà, i danni causati da una bancarotta (o default) della Grecia si faranno sentire anche in Germania. È per questo motivo che il direttore dell'IW di Colonia, Michael Hüther, ha commentato le previsioni del proprio istituto dichiarando che “l'incertezza è maggiore del solito e questa si riflette sempre più anche nel comportamento dei consumatori che diventano sempre più cauti e spendono di meno”. Nell'ipotesi peggiore egli non esclude una recessione anche in Germania.
Probabilmente ha ragione Hans-Werner Sinn - dal 1999 presidente dell'autorevole istituto di analisi economiche Ifo di Monaco - il quale, da oltre un anno, ammonisce il governo, affermando che i miliardi dati in prestito alla Grecia sono soldi persi per sempre; egli chiede inoltre che la Germania esca da Eurolandia (che sta sempre più diventando una “Transferunion”, ovvero un'unione in cui gli stati più ricchi finanziano continuamente quelli a gestione fallimentare) per evitare di essere a sua volta coinvolta in una crisi finanziaria pericolosissima. Secondo le sue stime (settembre 2011), infatti, qualora tutti e quattro gli stati Pigs dovessero fallire, ciò costerebbe alla Germania 465 miliardi di euro, quasi un quinto del Pil germanico. E tutto fa ritenere che, senza un cambiamento radicale nella politica governativa, questa somma crescerà ulteriormente in un futuro non lontano.
Ciò preoccupa moltissimo il popolo tedesco che, nella sua memoria collettiva, ha ancora fervido il ricordo dell'iperinflazione del 1923 e anche di quella successiva alla disfatta del 1945 che comportò per quasi tutti la perdita dei propri risparmi ed ebbe come ulteriore conseguenza tre anni e mezzo di fame e di stenti, fino a quando nel 1948 venne introdotto il marco tedesco. Quel che è peggio è che la cancelliera non ha mai reso pubblico il vero motivo della sua disponibilità (e di quella di Sarkozy) ad aiutare la Grecia. Lei continua ad affermare che bisogna salvare la Grecia per salvare l'euro, senza il quale non vi sarebbe più benessere per la Germania. Ma questo è quanto meno discutibile se non completamente errato. Il vero movente sono infatti le numerose decine di miliardi che banche ed assicurazioni tedesche e, specialmente, francesi hanno investito in titoli greci: salvando la Grecia si vuol evitare che gli istituti perdano i loro investimenti (sbagliati!). Non sorprende, quindi, che la maggioranza dei tedeschi sia assolutamente contraria ad ulteriori prestiti ai paesi a rischio di default, ma di questo l'attuale governo non vuol prendere atto.
L'industria elettrica per ora tiene
Nonostante tutti problemi esposti, la ZVEI è ottimista al punto di arrischiare una previsione per l'anno prossimo già a fine settembre: “Nel 2012 l'industria elettrica crescerà del 5% - sempre che gli stati dell'Ue riescano a tenere sotto controllo i problemi derivanti dal debito pubblico di alcuni paesi”, ha affermato il presidente della ZVEI Friedhelm Loh che ha anche insistito sull'importanza di salvare l'euro. Fino a luglio, comunque, gli affari del settore sono andati molto bene, dato che il fatturato (14,2 miliardi di euro) è risultato in aumento sul corrispondente dato dell'anno scorso del 5,9%. La crescita del turnover con clienti nazionali (7,9%) è risultata doppia di quella relativa alle commesse estere (3,9%). Ed anche gli ordini, che avevano accusato una diminuzione del 7,6% tendenziale in giugno (la prima dal gennaio '10), risultano a luglio nuovamente in aumento (1,5% su base annua). Nei primi sette mesi dell'anno essi hanno superato il volume raggiunto nello stesso periodo del '10 del 14,3%. È qui interessante notare che, rispetto allo scorso anno, la situazione si è capovolta, dato che l'aumento degli ordinativi nazionali (20,7%) è stato di gran lunga superiore a quello degli ordini dall'estero (8,0%). Anche questo conferma che la congiuntura internazionale sta indebolendosi. A luglio, comunque, questo aspetto non si è quasi fatto sentire, visto che l'export è stato pari a 12,4 miliardi di euro, con una riduzione tendenziale dell'1,8%. Gli ordini da espletare equivalgono, sempre in luglio, a 3,2 mesi di produzione a regime - un dato superiore alla media dell'anno precedente (2,8 mesi), mentre il grado di utilizzo degli impianti industriali, pari all'86,3% risulta nettamente superiore al corrispondente dato medio del '10 (82,7%).
In aumento, a giugno, anche il numero di occupati i quali, con 827.700, sono risultati del 3,5% più numerosi rispetto al corrispondente dato del 2010 (816.000). Come si nota, anche per l'intera industria elettrica vi sono segnali che indicano un raffreddamento congiunturale, poiché la crescita, sia del fatturato sia degli ordini, sta riducendosi notevolmente. Prima si risolverà la crisi greca e dell'euro - costi quel che costi - meglio sarà.