La crescita esplosiva delle applicazioni di Internet delle Cose obbliga a valutare attentamente le varie opzioni disponibili, soprattutto per quello che riguarda i sensori. ON Semiconductor offre un portafoglio completo e ambienti di sviluppo che minimizzano costi e tempi di sviluppo
Avere sempre sotto controllo gli oggetti che ci circondano. Poterne conoscere la posizione, lo stato. Sapere se un tubo di casa si è rotto e sta perdendo acqua con il rischio di allagare il nostro appartamento, mentre siamo in ufficio. O, più semplicemente, tenere d’occhio il cane mentre sta correndo nel parco, per evitare che si perda. L’Internet delle Cose (IoT, Internet of Things) mette a disposizione una piattaforma che, sfruttando una rete di sensori intelligenti, aiuta a risolvere questi problemi. E che può essere utile non solo nella nostra vita privata, ma anche al lavoro. È grazie all’IoT (o meglio, all’IIoT, Industrial Internet of Things) che si possono controllare in modo efficiente e smart le movimentazioni di un magazzino di parti di ricambio, o lo stato di usura di un apparato di produzione. Insomma, l’Internet delle Cose può sostituire le frequenti ispezioni visive. Non solo: permette di raccogliere un enorme volume di informazioni utili e che aiutano a prendere decisioni sempre più mirate e corrette. Per esempio, l’impiego di un “asset tracker” (una piccola etichetta elettronica che monitora l’oggetto a cui viene attaccata) con un accelerometro integrato registra se un pacco che è stato spedito ha subito cadute, è stato esposto a vibrazioni eccessive oppure è stato lanciato con forza all’interno del vano di carico di un camion. Sensori di umidità possono accorgersi che una pianta di serra non è stata innaffiata. O, ancora, la misura continua della temperatura aiuta ad accorgersi che un farmaco particolarmente sensibile (un vaccino) è stato esposto a un ambiente sfavorevole durante le operazioni di stoccaggio o di transito. Un monitoraggio di questo tipo può essere effettuato, senza problemi e con costi decisamente ridotti, su base continuativa grazie alle piattaforme IoT. Le informazioni ottenute possono essere lette in tempo reale oppure in modalità differita; essere immagazzinate e analizzate con algoritmi ad hoc per gli scopi più diversi.
Sensori: un mercato in fortissima espansione
Una ricerca pubblicata da Markets and Markets sostiene che il mercato dei soli sistemi di localizzazione in tempo reale (un sottoinsieme del mondo più generale dell’IoT) arriverà a toccare quota 10,3 miliardi di unità entro il 2025. Un tasso di crescita stratosferico, che raggiunge il 24,8%. I sensori smart di questo tipo devono essere, per forza di cose, di dimensioni ridotte in modo da poter essere installati senza problemi sugli oggetti da “controllare”. La loro “intelligenza” è fornita da circuiti integrati minuscoli, robusti e capaci di sopravvivere in ambienti ostili. Inoltre, devono consumare pochissimo: il più delle volte non è pensabile collegarli alla presa elettrica o continuare a sostituirne le batterie. Infine, hanno l’esigenza di dialogare con il mondo esterno, a cui inviano dati ed informazioni. Quindi devono saper sfruttare le comunicazioni wireless e connettersi alla rete. Sono molte le tecnologie su cui si può, in prima battuta, pensare di basare il funzionamento di questi minuscoli oggetti: il GPS, per conoscere la posizione con continuità, o l’RFID per una identificazione precisa. Ma bisogna sempre tenere conto della specificità dell’applicazione IoT su cui si sta lavorando. Il GPS ha un consumo piuttosto elevato, non sempre compatibile con le esigenze di un sistema elettronico che deve funzionare per giorni (o mesi) senza interventi esterni di manutenzione. L’RFID invia informazioni solo a distanze ridotte e richiede, per lo più, lettori relativamente costosi. Insomma, ognuna delle tecnologie ha dei punti di forza. Ma può non essere adatta per una trasmissione dinamica e continua, a basso consumo.
Fare la scelta giusta
Anche la trasmissione wireless può essere implementata utilizzando diversi standard per reti LAN: Wi-Fi, Bluetooth Low Energy (BLE) o protocolli RF proprietari. Oppure sfruttando le nuove tecniche di trasmissione UWB che potrebbero avere un buon successo nel prossimo futuro. O, ancora, appoggiandosi alla rete cellulare che garantisce una copertura geografica molto ampia. Ognuna di queste tecniche di trasmissione assicura un vantaggio specifico. È importante individuare il mix ottimale tra velocità di trasferimento, distanza e durata della batteria. Le diverse opzioni hanno anche differenti rapporti tra costo e prestazioni. Devono essere valutate avendo bene in mente la visione complessiva. Così, per esempio, la rete cellulare 5G può essere adeguata a trasferire volumi significativi di informazioni ad altissima velocità o verso destinazioni lontane. All’interno di una fabbrica o di un ambiente domestico invece possono essere sufficienti altri standard, magari con prestazioni inferiori ma più adatti alla situazione: i narrow band LTE-M/NB-IoT, o Bluetooth Low Energy, o il classico Wi-Fi. La banda di trasmissione costa, il suo giusto dimensionamento è importante. Spesso un buon equilibrio sembra essere garantito dal Bluetooth Low Energy che, tra l’altro, è largamente impiegato su molti client diversi, tra cui anche smartphone e tablet. Parecchi di questi client supportano più interfacce radio e possono essere utilizzati come gateway verso il cloud.
BLE: una soluzione interessante
Un aspetto che contribuisce a rendere interessante il Bluetooth Low Energy come tecnica di trasmissione wireless per l’IoT è il consumo bassissimo. Un sistema BLE può utilizzare batterie a bottone o persino meccanismi di energy harvesting per catturare l’energia dispersa nell’ambiente e trasformarla in potenza elettrica disponibile. E così il BLE sembra essere la risposta giusta al rompicapo che devono spesso affrontare i progettisti di nodi IoT “at-the-edge” (alla periferia della rete): realizzare un sistema piccolo che trasmette dati tutte le volte che serve, in modo affidabile e continuo, per periodi di tempo anche molto lunghi. Insomma, un minuscolo sistema elettronico intelligente che… non si ferma mai! L’imperativo è ridurre al massimo l’assorbimento di energia, anche quella associata alla trasmissione RF delle informazioni.
Una gamma completa e premiata
ON Semiconductor è consapevole del ruolo crescente dei sensori intelligenti nelle applicazioni emergenti: dall’industria all’automobile, all’elettronica di consumo. Così ha deciso di puntare molte delle sue carte su questo mercato. Nell’offerta di ON spiccano dispositivi per la rilevazione delle immagini che derivano da lunghi anni di esperienza in questo campo, grazie all’attività nel mondo dell’automobile, e una gamma completa: dai più tradizionali chip CMOS ai dispositivi ad ultrasuoni, fino a Radar e Lidar. Ogni tecnologia ha le sue caratteristiche e ognuna si adatta a differenti condizioni ambientali. L’elemento comune è la forte attenzione a ridurre al massimo l’assorbimento di energia. Ma ON non fornisce aiuto solo a chi ha bisogno di catturare immagini. Temperatura, luce ambientale, umidità, pressione, movimento. Queste, assieme a molte altre, sono alcune delle grandezze fisiche per le quali vengono proposte soluzioni complete di monitoraggio. Il portafoglio comprende anche elementi passivi RFID, utili per il tracking e la manutenzione predittiva. Non richiedono batteria, si “appiccicano” con molta semplicità all’oggetto da controllare e hanno una durata praticamente eterna. Per aiutare i progettisti a sviluppare sistemi immediatamente operativi in tempi rapidi e senza troppi mal di testa sono anche disponibili piattaforme ad hoc. E ci sono anche soluzioni decisamente sofisticate. Come quelle pensate per tenere d’occhio un’apparecchiatura di produzione, nelle quali può tornare comodo disporre di risorse di Intelligenza Artificiale. Non troppa, però. Solo quella necessaria e sufficiente per prendere le decisioni essenziali a livello locale, senza impegnare eccessivamente la banda di trasmissione o attendere a lungo risposte dal controllore centrale.
Un kit di sviluppo per sensori e un BLE che consuma meno di qualunque concorrente
Gli RSL10 Sensor Development Kit sono una proposta di ON Semiconductor per sviluppare nodi di sensori a bassissimo consumo, in fretta e senza troppi problemi. Piattaforme compatte che integrano gli elementi necessari per rilevare e inviare in rete dieci grandezze fisiche: dalla luminosità ambientale al movimento, con accelerometro e giroscopio a tre assi. Il kit esiste anche nella versione corredata da una cella solare, sufficiente per fornire l’alimentazione necessaria raccogliendo l’energia direttamente dall’ambiente. L’ingrediente chiave è il dispositivo RLS10 SIP, un modulo RF Bluetooth 5.0 Low Energy per la trasmissione dei dati che garantisce un assorbimento di energia inferiore a qualunque altro prodotto concorrente: solo 62,5 nW nella modalità deep sleep, per prolungare al massimo la durata della batteria. Una caratteristica che lo rende la soluzione ideale per applicazioni con un basso duty cycle, quelle in cui il sistema rimane in uno stato “dormiente” per la maggior parte del tempo. RLS10 è configurabile per ottimizzarne le funzioni in base ai requisiti. Si può scegliere se privilegiare la potenza di trasmissione, l’assorbimento di corrente per la ritenzione del contenuto della memoria o il supporto per diverse modalità di connessione. In una applicazione tipica può funzionare fino a 10 anni con una singola batteria CR2032. Un tempo più che sufficiente!
Oltre al vantaggio di un consumo molto ridotto, si distingue per la presenza di un’ampia gamma di interfacce analogiche e digitali. Integra due core programmabili: il processore Arm Cortex-M3 per monitorare i dati dei sensori, controllare la connettività e gestire le modalità di consumo oltre alle interfacce digitali per la lettura dei dati. Il secondo core, LPDSP32, può eseguire algoritmi per l’elaborazione dei dati utilizzando tecniche di intelligenza artificiale “leggere”. La protezione è garantita dall’integrazione di un motore crittografico AES-256.
Un supporto concreto a chi sviluppa soluzioni IoT
Insomma, il mercato globale delle applicazioni IoT (Internet of Things, Internet delle Cose) è destinato a crescere tumultuosamente. Diverse società di ricerca di mercato dipingono scenari quantitativamente differenti. Tutti però sono d’accordo su una cosa: nel quinquennio, il valore complessivo di questo settore vedrà un incremento medio composto annuo intorno al 20%. Una fortissima espansione basata sulla disponibilità di soluzioni microelettroniche sempre più compatte e integrate. Chip e moduli che uniscono la capacità di misura di grandezze fisiche diverse tra loro, uno o più motori per l’elaborazione locale dei dati e interfacce per la trasmissione remota delle informazioni. Minuscoli dispositivi microelettronici dispersi nell’ambiente (sensori in casa, in fabbrica, all’interno dei mezzi di trasporto) che realizzano una rete di nodi periferici interconnessi, capaci di raccogliere informazioni e trasmetterle in modo sicuro. Sensori che sono vere e proprie “terminazioni nervose” con un qualche grado di capacità decisionale autonoma e che inviano dati a un “cervello” remoto per contribuire a costruire una “intelligenza collettiva” il cui scopo ultimo è prendere le decisioni giuste a casa, in fabbrica o più banalmente nella piccola serra domestica in cui facciamo crescere qualche ortaggio.
L’IoT non potrebbe esistere senza la solida base costituita dalla microelettronica avanzata. Ma la sua diffusione è fortemente accelerata dall’avvento di numerose (e in parte nuove) tecnologie di trasmissione senza fili in cui i sensori svolgono un ruolo essenziale. Ci sono moltissime opzioni wireless disponibili che permettono di scegliere, ottimizzando i requisiti in base alle esigenze. Serve inviare continuamente dati in tempo reale a una centrale remota per avere subito una risposta? O non basta, invece, mandare informazioni ad intervalli di tempo relativamente lunghi (minuti, magari ore) per avere il controllo della situazione? Bisogna davvero dialogare con un sistema all’altro capo del mondo, o basta raggiungere una postazione a una decina di metri? Oggi esistono standard differenti tra cui il progettista può scegliere, massimizzando le prestazioni e minimizzando i costi.
C’è poi il problema della sicurezza. Come fare a proteggere le informazioni, spesso preziose e uniche, inviate nell’etere? In che modo si può garantire che un nodo IoT non diventi una porta d’accesso per malintenzionati?
Infine, l’IoT si trova ad affrontare il dilemma posto dall’enorme mole dei dati generati dai nodi periferici. È meglio trattarli ed elaborarli localmente con tecniche “leggere” di Intelligenza Artificiale? O ci si affida all’onnipresente e onnipotente cloud a cui si mandano tutte le informazioni catturate, senza curarsi del fatto che abbiano rilevanza o meno (tanto ci penserà il poderoso algoritmo che risiede nel supercomputer centrale…).
Insomma, l’IoT avanza velocemente. Può essere la soluzione a moltissimi problemi. Ma è anche un gran rompicapo per i progettisti che devono definire l’architettura con il giusto partizionamento tra centro e periferia. Bisogna valutare quanta potenza di calcolo collocare ai vari livelli gerarchici della struttura, analizzare le differenti esigenze di sicurezza, di prestazioni, di costo. Bisogna fare un budget di consumo energetico che tenga conto delle risorse esistenti e delle prestazioni attese. Le scelte possibili sono molte. La difficoltà è azzeccare il giusto bilanciamento di sistema tra tutti i parametri: sicurezza, consumo, costo, tempi di risposta, prestazioni… Per questo bisogna avere le informazioni giuste. Questo è lo scopo di questa breve pubblicazione. Mettere in mano ai progettisti alcuni esempli di soluzioni, elementi di base, piattaforme. Insomma “food for thoughts”, elementi per pensare. E non è un caso che abbiamo scelto, come riferimento, l’offerta di ON Semiconductor: l'azienda che si è aggiudicata il premio IoT Sensor Company of the Year per il 2020.