Cos'è la transizione? Semplice! Un cambiamento globale molto “rapido”, circa 10 anni; meno semplice, invece, è spiegare cos'è l'energia.
Con il tempo, l'uomo ha notato che, quando voleva causare un fenomeno, aveva sempre bisogno di un qualcosa che non poteva materialmente “toccare”, aveva bisogno cioè di energia.
Ogni fenomeno, infatti, per avvenire, richiede energia: salire le scale, cuocere una torta, trascinare una cassa, e così via. Tuttavia, per spendere energia, occorre averla “in entrata” (oppure in accumulo).
Sul pianeta l’energia proviene dalla radiazione solare, con tutti i fenomeni ad essa collegati (fotosintesi, maree, venti, etc), oppure da antiche formazioni di combustibili fossili, o ancora dal calore rimasto dopo la formazione del pianeta con il Big Bang (si pensi ai vulcani oppure alle terme).
L’uomo, da almeno 40 mila anni, ha impiegato le cosiddette “macchine trasformatrici” per ottenere energia: stiamo parlando dei muscoli dei vertebrati, in primis i muscoli umani (padroni e schiavi), poi quelli dei vari tipi di animali “addomesticati”. L’uomo nutre se stesso e i suoi animali mediante il cibo che si procura tramite la caccia/allevamento o l'agricoltura. Tale cibo viene “bruciato” dai muscoli e poi l’uomo sfrutta l'energia prodotta dai muscoli stessi per portare a termine varie attività.
In origine tutte queste “attività” erano bilanciate e non alteravano (tranne che nelle città) l’equilibrio con gli altri fenomeni in atto nell'“ambiente complessivo”, sia a livello locale che in grandi imperi (come quello romano), che sfruttavano le energie di milioni di schiavi per soddisfare le necessità di lavoro/produzione di alcune élite di cittadini.
Nel corso dei secoli si giunse dapprima alle tecniche dei Greci e degli antichi Romani, poi alla fisica e alle matematiche dell’Illuminismo, infine alla Rivoluzione industriale: nacquero così nuove “macchine trasformatrici” per ottenere energia come quelle basate sulla combustione controllata: le macchine a vapore, seguite dai motori a scoppio, dalle turbine o dai “jet” a reazione, di più recente produzione.
Grazie a queste tecnologie, l’industria ebbe un balzo in avanti: la vita sociale iniziò una vera e propria trasformazione (migrazione dalle campagne alle città, trasporto merci e mobilità delle persone) che continua ancora proprio grazie all'energia, oggi disponibile in varie forme.
Nel tempo, l’equilibrio di cui parlavamo si è modificato, dapprima con variazioni sostanzialmente naturali, poi con alterazioni di alcuni aspetti dell’ambiente: gli abitanti della Terra, ad esempio, sono passati da 1,2 miliardi del 1900 ai circa 7 miliardi di oggi.
Per sfamare tutte queste persone, sono state messe a punto nuove tecnologie agroalimentari e ittiche, che forniscono sì il nutrimento necessario, ma inquinano sempre più l’ambiente terrestre e quello marino, contribuendo all'estinzione di molte specie.
La “spia” di tutti questi processi è stato il cambiamento climatico, provocato soprattutto dall'eccesso di CO2 nell’atmosfera, i cui svariati effetti sono distribuiti “a macchia di leopardo”. Quello più evidente riguarda l'aumento della temperatura del pianeta, con il conseguente scioglimento dei ghiacciai ed innalzamento del livello delle acque marine.
L'equilibrio meteorologico ne ha inevitabilmente risentito: tornado, piogge intense, bombe d’acqua, oltre a tifoni e cicloni stanno intensificandosi in misura crescente, tanto che, negli ultimi 50 anni, l’attenzione si è sempre più concentrata sulle nuove tecnologie e sulla presenza di “gas serra”nell’atmosfera.
ENERGIA IN ENTRATA
L'Energia in Entrata proviene da tre diverse "fonti primarie":
- fonti tradizionali: energia proveniente da combustibili fossili, quali petrolio, carbone e gas, tutti produttori di CO2. La combustione di gas sarebbe “pulita” (si produce soltanto CO2), mentre quella di carbone e petrolio produce anche quantità notevoli di altri inquinanti;
- fonti alternative: quali energia idraulica, eolica, solare, geotermica (con zero produzione di CO2), legate alla disponibilità (italiana) di acqua da laghi e da fiumi, ma con caratteristiche non- costanti (alternanza stagioni nei fiumi, alternanza giorno-notte nel solare, variabilità del vento nell'eolico, non costanza dei soffioni di vapore);
- fonti nucleari: in particolare l'energia atomica, molto discussa, ma “pura” avendo produzione di CO2 quasi nulla.
Oggi sono disponibili centrali nucleari di Terza generazione, molto più sicure delle precedenti, che tuttavia non risolvono il problema delle scorie radioattive (lunghi tempi per decontaminarsi ed aree con elevata radioattività).
Addirittura sono in collaudo le tecniche che condurrebbero alle centrali nucleari di Quarta generazione, con un centesimo delle scorie attuali e prossime alle prime installazioni industriali.
Ma in entrambi i casi, nuove centrali richiederebbero più di 10 anni per entrare in funzione e comporterebbero investimenti economici elevatissimi.
Infine vi sarebbe la “fusione nucleare”: una tecnologia interessante, ma costosa ed ancora molto lontana dallo sfruttamento industriale.
Tutte queste energie vengono utilizzate in forma non-elettrica (riscaldamento, auto-trazione, etc) oppure trasformate in altre forme (energia elettrica).
Nel dettaglio i dati (Terna 2019 Tab.1) dell'Energia in Entrata trasformata in Energia Elettrica:
- Estero 12,0%
- Prod. Nazionale 88,0% divisa per origine:
- Idroelettrica 14,7%
- Termo non rinn (al netto pomp.)52,4%
- Bioenergie 5,5%
- Geotermo 1,8%
- Eolica 6,3%
- Fotovoltaica 7,3%
Un dato su tutti: il bilancio dell’Enel si avvicina al bilanciamento (50/50 %) fra la quantità di energie alternative e la quantità di energie “tradizionali” prodotte ogni anno.
Sarebbe bene considerare che la rete elettrica nel suo insieme va mantenuta stabile, per evitare l’insorgenza di terribili black-out: di conseguenza, bisognerebbe non diminuire troppo la produzione di energie elettrica da centrali termiche, in quanto si tratta della parte di generazione meno “volatile” (meno variabile in modo incontrollato).
È utile, poi, considerare la suddivisione (Terna, 2019 Tab.2) dell'Energia in Uscita, divisa per impieghi:
- Agricoltura 2%
- Industria 39%
- Terziario 37%
- Domestico 22%
Per una TRANSIZIONE ENERGETICA è indispensabile cambiare il modo in cui sfruttiamo l'energia; va poi ottimizzato il mix, soprattutto rispetto all'equilibrio di CO2 in atmosfera, ma anche rispetto al rilascio in aria, in mare e in terra di sostanze “pericolose” per la vita di uomini, di animali e di piante, in modo da riguadagnare un nuovo necessario equilibrio ambientale.
Proviamo a disegnare un possibile “quadro energetico” da impostare per i prossimi 10 anni circa. Le valutazioni globali dovrebbero essere riferite all’intero pianeta e ad ampi periodi di tempo. Tuttavia, anche limitandosi alla sola Italia e al solo anno 2019, si possono ottenere indicazioni interessanti, intuitive ma qualitativamente valide.
L’Italia è un paese importatore di prodotti energetici di vario genere (vedasi Tab. 1, 2019), anche se ricava dalla natura notevoli quantità di energia. L’insieme delle energie viene utilizzata in entrambe le forme (elettrica e non-elettrica) e viene impiegata prevalentemente per tre scopi (vedi Tab. 2, 2019) nell’arco di un anno.
Per disegnare un mix di miglioramenti serve “porre dei paletti”.
- nei prossimi 10 anni non dobbiamo continuare a consumare “come prima”: vanno definiti nuovi stili di vita per i singoli e per la comunità: “risparmiosi”, ma ancora appetibili.
- i relativi cambiamenti andranno ottenuti rapidamente: ai decisori servirà cercare il supporto di studiosi di “scienze umane” (psicologi, sociologhi): la rapidità non è cosa banale dato che l’uomo è “lento” nei suoi cambiamenti.
- la politica dovrà attivarsi ancora più rapidamente: dovrà prevenire i problemi, non inseguirli.
Peraltro, qualsiasi “nuovo stile di vita” dovrà seguire almeno tre linee tecnologiche:
- spendere meno energia per ottenere uno stesso scopo e/o conseguire scopi più “pregiati” (ad esempio riscaldare è meno pregiato del trasmettere energia elettrica) con la stessa quantità di energia;
- adottare misure semplici: 10 anni non bastano per fare crescere il livello di istruzione di una popolazione, puntando a fare comprendere a tutti misure raffinate e complesse;
- fare riferimento al mercato “di oggi”. Misure rivolte ad un futuro strategico, ma più lontano nel tempo, andranno sicuramente considerate, ma con seconda priorità.
Di seguito riportiamo alcuni esempi.
1) Circa un terzo dei consumi energetici civili è legato al riscaldamento e/o al condizionamento: nuove residenze dovranno essere bene isolate e ben progettate, mentre chi abita/lavora in vecchie residenze dovrà “sopportare” escursioni termiche maggiori.
Misura: detassare lavori di ristrutturazione volti ad alleggerire tale “situazione” e lanciare mode più “risparmiose”. Talora si perviene ad un risparmio del 10% di queste energie con semplici accorgimenti: ad esempio ridurre le soste sotto la doccia a 4-5 minuti, e/o diminuire di 1-2 C° la temperatura dell’acqua di uno scaldabagno sono misure che fanno risparmiare mantenendo lo stesso grado di comfort; usare un fornetto elettrico di minore massa, in luogo di un forno abituale, per scaldare un dolcetto a colazione fa risparmiare e i dolcetti sono altrettanto buoni.
2) Per quanto attiene le auto elettriche, il condizionamento/riscaldamento (che incidono almeno per il 30% sulla prestazione della batteria) spesso lascia a desiderare: l’isolamento termico verso l’esterno, ad esempio, non è ottimale, inoltre vengono scaldate/rinfrescate zone senza passeggeri.
A proposito di batterie, è decisamente importante lo sviluppo recente di quelle agli “ioni di Litio” (attualmente più performanti di altre in termini di energia/peso), in quanto almeno due filiere insistono su tale tecnologia: quella dell’automobile elettrica e quella dell’“accumulo”, soprattutto nel settore del solare e dell'eolico. Dunque, è prevedibile un “boom” nell’impiego di tali batterie.
STRATEGIE PER “I 10 ANNI”
Serve anche pensare in termini strategici: è fondamentale evitare di focalizzarsi su misure o fenomeni (tecnici o economici) che non riguardano l'intero pianeta oppure che non abbiano effetti nel famoso periodo di 10 anni. In estrema sintesi, entro questo arco temporale, o si riducono i fattori che modificano il clima oppure la degradazione della Nelerra raggiungerà il “punto di non ritorno” e il pianeta sarà condannato.
A questo proposito, consideriamo due “casi esemplari”:
A) Le batterie al Litio.
Il Litio è un elemento scarso sul pianeta ed è concentrato in poche aree (per esempio in Perù). Se quello “elettrico” diventerà un settore energetico dominante (rispetto al non-elettrico), vi saranno almeno due “utenti di Litio” in competizione: l’auto elettrica e l'“accumulo” di energia solare e simili. Nel lungo termine il Litio disponibile non basterà (anche perché, ad oggi, il recupero di quello “usato” è difficoltoso), quindi serve prevedere, nel medio termine, la crescita di una tecnologia elettrica alternativa oppure serve eliminare fin da subito uno dei due “competitors”.
Al momento nessuno stato ha preso posizione, anche se la Cina è dominante sulle tecnologie delle batterie al Litio (ha moltissimi contratti a lungo termine con Perù e altri), ma potrebbe cedere il passo fra qualche anno alle nuove tecnologie dell’”idrogeno” (celle a combustibile), nelle quali i materiali necessari sembrano essere abbastanza diffusi sulla crosta terrestre.
Chiaramente si cercherà una tempistica adatta per il migliore sfruttamento dei due “competitors” (auto elettrica ed accumulo): infatti, vi sono già modelli di auto spinte da celle a combustibile (tecnologie ad idrogeno) in cui vengono sfruttate le nanotecnologie per ottenere serbatoi sicuri e si progettano/realizzano navi con “motrici” ad idrogeno.
Si potrebbe anche pensare ad una “staffetta” fra le due tecnologie in impieghi di “mobilità”, per evitare di dipendere da un unico fornitore (la Cina), cosa che potrebbe diventare un “tallone di Achille” per le future forniture di energia sul pianeta.
Al momento, tuttavia, le batterie al Litio per accumulo non sono sostituibili.
B) La guerra in Ucraina
È cosa di questi giorni lo scoppio di una guerra in Ucraina e della conseguente crisi economico-sociale. Sono da attendersi: raddoppio o triplicazione delle bollette, aumento dei costi delle merci e di tutte le attività sul pianeta, aumento dell’inflazione, chiusura di fabbriche, quindi aumento della povertà, soprattutto in Europa.
Si tratta, dunque, di un fatto grave, soprattutto se la situazione fosse fluida e di lunga durata, perché nessuno Stato nel mondo globalizzato, nemmeno la Russia, può mantenere a lungo (sei mesi?) un “assetto di guerra” (militare ed economica) oppure situazioni instabili senza entrare in crisi.
L’esperienza di guerre in varie regioni del mondo, a partire dagli anni ‘50, indica che, dopo un certo tempo, verrebbe raggiunto un equilibrio sul mercato energetico (a prezzi probabilmente più elevati) e la “guerra economica” troverebbe una “soluzione”: la Russia ha bisogno dell'import/export come ciascuno degli altri Stati, mentre le pressioni per una vita accettabile accomunerebbero tutti i cittadini, dovunque.
Dal punto di vista del “salvare il clima del pianeta”, dunque, la guerra in Ucraina non avrebbe molto peso: come tutte le guerre, infatti, essa comporterebbe molte sofferenze di moltissime persone, ma probabilmente non condurrebbe alla “fine del clima”, né al collasso della Terra stessa.
Nota a margine: poiché la somma degli investimenti possibili è quasi-costante (in 10 anni), fomentare guerre conduce ad investire forze economiche nella produzione di armi (a causa dei profitti “stellari”), con il risultato di causare maggiori sofferenze, di inquinare molto e di sottrarre investimenti alla produzione di cibo per le popolazioni, nonché alle azioni per il miglioramento dell’ambiente e così via.