TSMC: lo spettro del talent shortage

TSMC

Costi e carenza di competenze inducono il fondatore di TSMC, Morris Chang, a manifestare critiche e perplessità di fronte al progetto americano (ed europeo) di spostare la produzione di semiconduttori negli Stati Uniti e in Europa

Un duro colpo alle ambizioni Usa di indipendenza produttiva nel mondo dei microchip arriva da Morris Chang, fondatore di TSMC, uno dei protagonisti più preparati quando si parla di semiconduttori.
Senza mezzi termini, in un’intervista a The Register, Chang ha definito il progetto anche solo di aumentare la produzione interna «Un dispendioso e costoso esercizio di futilità»
Certamente, almeno in parte si tratta di un’opinione interessata. TSMC è uno dei simboli della capacità produttiva di Taiwan nel settore e non si esclude un fondato timore di fronte alle attuali intenzioni manifestate anche dall’Europa di invertire le strategie produttive degli ultimi decenni, proprio per svincolarsi dal potenziale ricatto dei produttori orientali.

Le competenze non si recuperano in un giorno

D’altra parte, nonostante tutti i sospetti, si tratta di un punto di osservazione autorevole. Anche perché gli argomenti a supporto della propria tesi non mancano. Il discorso è rivolto essenzialmente agli USA, ma è applicabile almeno in parte anche all’Europa. È difficile, infatti, dare torto a Chang quando afferma come tra gli Anni ‘70 e ’80, la specializzazione degli operai nell’elettronica sia stata trascurata in favore di mansioni più remunerative.
Oggi quindi, sarebbe di conseguenza molto difficile riuscire a recuperare nel giro di poco tempo competenze trascurate per decenni. Inoltre, non è da escludere che tutto ciò avrebbe un costo tale da rendere comunque meno conveniente la produzione domestica, considerando poi tutti gli ostacoli attuali di carattere logistico e politico.
Una delle ragioni dell’attuale dominio di Taiwan nella produzione di semiconduttori viene ricondotta proprio a tale dedizione costruita nel tempo, che si affianca a un elevato livello di specializzazione, grazie al quale è possibile produrre qualsiasi circuito stampato per qualsiasi cliente.

I conti potrebbero non tornare

Il fondatore di TSMC però va oltre. Alla base di qualsiasi progetto imprenditoriale non può infatti mancare una qualche redditività. Si tratta di un punto dolente per economie evolute come quella americana, dove per esperienza diretta i costi della manodopera sono un limite concreto.
L’impianto attivo in Oregon di TSMC resta certamente strategico ed è in attivo. Non abbastanza, però, da poter ipotizzare una sua espansione. La vera utilità è infatti nella fase di progettazione, dove Chang non ha difficoltà ad ammettere di avere competenze molto limitate in patria.
Il discorso è naturalmente ribaltato quando si parla di produzione in serie. In questo caso, più ancora del chip shortage, il vero nodo di fronte al quale i progetti delle nazioni occidentali rischiano di arenarsi è una sorta di talent shortage. In pratica, i costi da mettere in preventivo vengono indicati superiori di almeno il 50% proprio per la mancanza di personale specializzato.
Tra gli addetti ai lavori negli USA, non manca chi è d’accordo con Chang. Già oggi sono indicate come diverse migliaia le posizioni vacanti nella produzione di semiconduttori. La stessa TSMC non è riuscita a portare a termine un progetto di 12 miliardi di dollari per uno stabilimento in Arizona, nonostante la prospettiva di un contributo pubblico, proprio perché non è economicamente conveniente.
Ciò non toglie tuttavia delle prospettive al rialzo per la produzione interna americana, un qualcosa di comunque complesso nel rispetto delle previsioni e non abbastanza interessante, sempre a livello economico, da risultare competitivi con il mercato attuale.
Si tratta di un atteggiamento forse un po’ cinico, ma certamente realistico, se la ragione di questo progetto fosse legata soprattutto a questioni politiche, ma anche al rischio di un’eventuale invasione di Taiwan da parte della Cina. A questo proposito Morris Chang non ha dubbi: «I problemi di cui gli Usa dovrebbero preoccuparsi a quel punto sarebbero ben altri».

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