Tutto (o quasi) sul Battery Swap

Battery Swap

Ovvero, la risposta ideale per la ricarica delle auto elettriche. Ma sarà poi vero?

La soluzione definitiva per un problema nuovo raramente passa per l’adattamento di una già utilizzata per un bisogno esistente. Il vero problema è spesso riuscire a completare quel salto di qualità di termini di ingegno per pensare in modo del tutto diverso, in linea con uno scenario inedito.

Eppure, nel mondo delle autovetture elettriche si continua a muoversi sulla base di quanto si è ormai abituati a fare da tempo con quelle a benzina e a gasolio. Pensare alla fase di ricarica sulla falsariga di una procedura di rifornimento come è concepita abitualmente.

In pochi finora hanno dedicato tempo e risorse a cercare una strada del tutto diversa, pratica e capace di rendere l’operazione vantaggiosa anche dal punto di vista della praticità. Tra le altre cose, senza dedicare all’operazione più tempo del necessario.

Lo scambio invece del pieno

In realtà, una soluzione esiste ed è anche piuttosto semplice, almeno in teoria. Si tratta del battery swap, qualcosa di molto simile a quanto avviene con le bombole del gas usate per alimentare stufe o fornelli, in casa o in viaggio. Situazioni dove nessuno si sognerebbe di andare da un rivenditore per farsi ricaricare il contenitore vuoto. Semplicemente, ci si limita a uno cambio, operazione più vantaggiosa per tutti, sicurezza inclusa.

Naturalmente, nel caso di autovetture elettriche, la situazione non è altrettanto facile. Ma soprattutto perché sulla questione ci hanno messo la testa ancora in pochi. Nessuno cioè si è dedicato alla ricerca di una soluzione vantaggiosa per produttori, venditori e utenti. A partire dalla definizione di uno standard, indispensabile per garantire la necessaria flessibilità. Superando problemi presenti proprio nel caso delle bombole del gas, dove ogni Stato prevede un attacco diverso e chi si muove al di fuori dei propri confini deve munirsi di adattatori.

Niente, comunque, di così difficile da superare, almeno all’apparenza. In realtà, tuttavia, lo scenario è sicuramente più complesso, fosse solo perché ormai quasi tutte le aziende automobilistiche hanno investito in configurazioni molto personalizzate e anche se a suo tempo progetti in questa direzione erano stati avviati, e non solo da startup. Tra queste, l’israeliana Better Place, ma anche Renault e addirittura Tesla; tutte queste iniziative si sono rivelate però fin troppo premature e oggi è necessario ripartire completamente da zero.

In particolare, curiosa la parte di vicenda legata a Elon Musk. Noto prima di tutto per la sua estrema lungimiranza, la stessa che l’aveva portata a rilanciare la tecnologia Better Place fallita ufficialmente nel 2013. Nella circostanza, Tesla si è dovuta scontrare proprio con la diffidenza dei propri clienti nello scambiare la batteria, privilegiando comunque i tempi di attesa.

In ogni caso, l’idea resta sicuramente intrigante. Una sorta di stazione di servizio non tanto diversa da quelle abituali dove alla vettura posizionata in una zona opportuna viene sostituto il pacco batterie in modo del tutto automatico. Operazione perfettamente competitiva con un normale pieno di carburante.

Standard e fiducia gli ostacoli maggiori

Come sempre in situazioni del genere, la realtà è sicuramente più complicata, a partire proprio dall’attuale mancanza di uno standard di riferimento, sia per gli accumulatori sia per i meccanismi di distacco, sostituzione e riallaccio. Una situazione dove più ancora di un accordo tra i produttori, lo stimolo più efficace può arrivare da una direttiva almeno a livello UE.

Sicuramente, l’avvio del progetto richiede anche importanti investimenti: difficili da pensare a carico dei produttori, già impegnati a reingegnerizzare gli automezzi elettrici, tantomeno appetibili per chi gestisce le attuali stazioni di rifornimento, molto più impegnati a difendere le proprie posizioni. Si tratta di un’operazione probabilmente da affidare alle mani di qualche grosso investitore lungimirante.

Un altro elemento da non sottovalutare è quello psicologico. Se scambiare una bombola di gas non comporta particolari problemi, la prospettiva di usare una batteria già sfruttata da altri senza conoscerne i dettagli, può alimentare perplessità.

D’altra parte, è difficile pensare realisticamente alle colonnine di ricarica come soluzione definitiva. Nonostante i progressi, i tempi di ricarica restano molto al di sopra di una reale competitività, così come i costi di manutenzione che, con il passare del tempo, rischiano di pesare in modo eccesivo sul servizio. Al momento, un percorso ottimale può passare per un affiancamento graduale in attesa di definire meglio la questione Battery Swap, valutare tutte le opzioni possibili, tutelare gli investimenti già effettuati e garantire una transizione più sostenibile sotto ogni aspetto.

Battery Swap: i buoni esempi non mancano

Eppure, non si parla di fantascienza. Da alcune parti il Battery Swap è già una realtà, e non solo in Cina. NIO non è solo uno dei più evoluti produttori di auto elettriche del Paese asiatico. In parallelo, sta sviluppando proprio una soluzione in grado di cambiare le batterie alle proprie automobili con tempi e modalità non molto diverse da quelle di un tunnel per il lavaggio automatico.

Secondo l’azienda, a fine 2023 erano seicento le postazioni attive, collocate in modo da assicurare il collegamento da oltre duecento città. Considerate le dimensioni della Cina, un’operazione almeno in teoria alla portata anche dell’Unione Europea.

In alternativa NIO ha pensato anche a un servizio complementare; una sorta di power bank di dimensioni adeguate. Un furgone, naturalmente elettrico, contenente una batteria abbastanza grande da effettuare ricarica a domicilio, su chiamata. Per esempio, durante una pausa pranzo o un appuntamento di lavoro.

L’idea nel complesso non è così campata per aria come i più diffidenti potrebbero pensare. Al Battery Swap non si sta dedicando solo la Cina. Negli Stati Uniti, Ample ha già avviato un progetto simile, anche se di portata più ridotta, limitato cioè a taxi o veicoli commerciali in un’area circoscritta. Dopo San Francisco e Los Angeles, però, il servizio è già stato esteso a New York e Chicago. È questo un modello al quale sta guardano anche Stellantis, interessata ad avviare un primo progetto di studio nell’area di Madrid, dove entro l’anno si prevede di sfruttare la tecnologia su un parco auto di Fiat 500 elettriche destinate al car sharing. Un progetto simile, rivolto però ai taxi, è pronto a partire anche a Kyoto, in Giappone.

Una 500 elettrica nella stazione di Battery Swap della Ample
Una 500 elettrica nella stazione di Battery Swap della Ample

Per le autovetture quindi, si parla ancora di una soluzione alla fase sperimentale, così come insegna Tesla, il cui successo è ancora tutto da valutare. Questo non significa tuttavia mettere in discussione l’azienda americana, perché ci sono situazioni dove invece il battery swap è già una pratica se non diffusa, sicuramente più accessibile che non in California.

È il caso di Gogoro, azienda di Taiwan, con già oltre duemila stazioni attive nell’area. Si parla però al momento solo di scooter, con l’operazione di cambio che viene eseguita manualmente. Spetta cioè al pilota estrarre la batteria per sostituirla con una carica da un apposito armadio e riporla quindi sul mezzo. Operazione in questo caso naturalmente agevolata dal peso contenuto dell’accumulatore e che rappresenta una buona soluzione complessiva.

L'azienda taiwanese Gorogoro ha già oltre duemila stazioni attive di Battery Swap
L'azienda taiwanese Gorogoro ha già oltre duemila stazioni attive di Battery Swap

Interessanti poi sono le varianti al modello di pagamento. Per esempio, Kymco prevede la possibilità di un abbonamento fisso, grazie al quale poter accedere liberamente alla rete di impianti per la sostituzione delle batterie.

Ancora una volta quindi, l’Asia dimostra di essere sicuramente più attenta alla mobilità elettrica e a un livello superiore di ricerca e sperimentazione che non negli altri continenti. Se anche negli USA qualcosa si muove, in Europa e soprattutto in Italia, per lo meno non c’è quel totale ostruzionismo a volte emergente a livello politico su questioni del genere. L’esempio è Scuter, una startup italiana impegnata nello sviluppo di un motoveicolo a tre ruote, simile ad alcuni modelli di motociclette sul mercato già da tempo, totalmente elettrico e, appunto, dotato di batteria intercambiabile. Al momento l’azienda è più orientata al servizio privato a uso di flotte aziendali, ma è sicuramente pronta a fare da apripista per un potenziale servizio di sharing.

Da non dimenticare infine, l’esistenza di soluzioni per certi versi simili al concetto di Battery Swap, anche se non altrettanto pratiche: dalla batteria rimovibile dello scooter Piaggio 1 alla minicar spagnola Silence 04 con due batterie trasportabili come un trolley.

Battery Swap
La spagnola Silence 04 si basa sul concetto del Battery Swap

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome